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Le tematiche del Montella, affrontate nel suo lavoro teatrale con acuta intuizione ed agevole stile, sono tipiche del nostro tempo; e che al di là del palcoscenico, si agitano con ritmo pressante nella realtà quotidiana.
Prevaricazioni, arroganze, corruzione, sollecitazioni all’uso illecito della carica pubblica sono gli elementi di fondo che si intrecciano nell’azione drammatica, specchio autentico di situazioni reali. Nulla d’inventato, dunque, ma tutto preso dalla vita e portato alla ribalta con la consapevolezza e col coraggio di affrontare e scoprire le piaghe più maleolenti che infettano la società.
I concetti, le considerazioni si avvicendano a getto continuo: la deviata idea che il volgo ha dell’autorità costituita cui tutto è lecito e possibile fare; la convinzione che in un mondo corrotto non cipuò essere giustizia; l’autorità vista in funzione di dispensiere di posti e di favori.
Il protagonista, Don Pasquale, buono oltre che onesto, si adopera per il bene nei limiti della liceità, anzi egli stesso declama la propria disponibilità. Ma si ribella alle proposte avanzate dalla camorra che si serve di una squallida figura di ingegnere che tenta di corromperlo con danaro per ottenere la concessione di un suolo già dal sindaco destinato per costruirvi un’opera pubblica. La vendetta, però, non tarda a venire: la dinamite squarcia il portone della casa di Don Pasquale; una prassi ormai consolidata nel rituale camorristico che demoralizza da far perdere la fiduacia nei poteri dello stato.
Anche il concetto della politica, nell’opinione comune, subisce un capovolgimento ed è la stessa moglie del sindaco ad esserne convinta col dire: “La politica lasciala ai delinquenti”. Dunque, l’etica non si associa più con la politica; ma si va radicando sempre più profondamente la convinzione che essa sia cosa disonesta e chi la pratica non ha altro scopo che quello di perseguire particolari interessi. Si ribalta, così, anche il significato etimologico del termine, che prendendo origine da “polis”, dovrebbe la politica essere interessata al bene della città, della comunità da amministrare.
Concludere a questo punto l’azione del dramma significherebbe arrendersi al male, soccombere alla delinquenza, lasciarsi dentro tante amarezze, vivere un mondo inquieto privo di sbocchi; se non si ridestasse il coraggio di lottare o non si sentisse quell’impulso ribelle che incita nell’animo del cittadino.
Il coraggio, dunque, da opporre ai delinquenti che preferiscono i deboli.
Ed infine lo sfondo educativo di tutta l’azione drammatica. Il Montella coglie nella scuola il fattore cardine in grado di rinnovare la società, di ridarle fiducia nonostante essa stessa sia talvolta responsabile anche di episodi devianti. Fa appello ad un rinnovamento totale che coinvolga il singolo, la scuola, la cultura in prospettiva d’una società che dovrà necessariamente cambiare.
Questi spunti ho tratto dalla gradita lettura del “Don Pasquale sindaco” dell’amico Carmine Montella, in cui si evidenziano, inoltre, situazioni umane e toccanti, momenti umoristici e drammatici con felici risultati scenico-teatrali.
(Pasquale Moschiano, da Lauro)