Carissimo Pellegrino,
ieri pomeriggio mi è giunta la tua cartolina. Essendomi liberato dagli studi ed avendo … tanto tempo libero posso sedermi qui, dietro la mia scrivania e scriverti una lettera decente, con tutta la calma, con tutta la serenità e con tutto il tempo che mi è possibile dedicarti.
Ho da raccontarti tante cose.
La prima è tutt’altro che piacevole: ho mia madre all’ospedale, a Mercogliano. Non so ancora se è qualcosa di serio o di molto serio. Una cosa è certa: l'assenza di mia madre mi sta turbando molto. Abituato a vederla gironzolare per casa ad accudire alle sue faccende di casalinga tutto il giorno; abituato a vederla intorno a me, che passo la maggior parte del mio tempo in casa; abituato ad aiutarla continuamente e a starle anche per questo molto vicino, oggi mi vengono nodi alla gola e quasi vorrei piangere, perché mi guardo intorno e non vedo nessuno, sto tutto solo in casa a sostituirla laddove posso, mi siedo a tavola e vedo il suo posto vuoto, vado a dormire e vedo il suo letto lì muto, freddo, non riscaldato dal suo calore. Sono certo che tu, Pellegrino, puoi capirmi, perché hai vissuto, e con più drammaticità, la mia situazione! Una casa senza la padrona sembra... no, non sembra niente; proprio così: non sembra niente! È come se non ci fosse luce, è come se non vi fosse vita! Tutto quello che si fa sembra non aver significato: non c'è entusiasmo, non c'è grinta, non c'è piacere, non c'è sentimento: si fa con apatia, con abulia, quasi per forza d'inerzia. Com'è brutta questa situazione, Pellegrino, troppo brutta!! Purtroppo queste cose sono così naturali, che bisogna essere preparati ad affrontare in qualsiasi momento della nostra esistenza così bizzarra. Bisogna essere forti nella vita e io mi sento forte nello spirito e pronto a sopportare qualsiasi accidente.
.......... (Omissis)
Veniamo, ora, a trattare un altro argomento. Il I9 di questo mese, ho consegnato in segreteria la dissertazione scritta sul "Lessico pascoliano". La dissertazione è quel lavoro che, comunemente, si chiama “tesi dì laurea” e che pone termine al corso di studi universitari. Con questo lavoro, fatto con molta cura, chiudo questa parentesi della mia avventura universitaria, che è stata una lotta continua contro me stesso e contro la società! Cinque anni di sudore; cinque anni di sacrifici; cinque anni di privazioni; cinque anni che mi hanno visto impegnato con onestà e con serietà sia nel campo della scuola (come studente e come insegnante), che in quello del lavoro, sia nel campo sentimentale, che in quello sociale! Cinque anni che lasciano un solco profondo e perenne nella mia vita e sul mio fisico. È vero che ho sofferto tanto; è vero che mi sono sacrificato quanto pochi sanno; è vero che ho dovuto lottare fino allo spasimo; è vero che ho dovuto affrontare e risolvere situazioni difficili; ma è pur vero che ho saputo seminare, ed oggi sto raccogliendo i frutti del mio lavoro, in abbondanza e di ottima qualità. Non ti nascondo che mi sento più maturo, più uomo, più consapevole dei miei meriti e dei miei limiti, più completo, ma soprattutto più libero. Sì, proprio cosi: mi sento più libero . La libertà, caro Pellegrino, per me non significa vivere in un regime democratico, qual è quello instaurato in Italia dal Partito democristiano, che attribuisce a questo valore una dimensione teorica che non corrisponde affatto alla dimensione pratica. In Italia non esiste la libertà, ma solo una falsa libertà! Se libertà significa essere presi per fessi, io preferisco non avere questa libertà; se libertà significa dover rischiare molto quando si vuole esprimere la propria opinione, io preferisco non avere questa libertà; se libertà significa leccare il culo per cercare un impiego o far riconoscere i propri meriti, il proprio valore, io preferisco non avere questa libertà; se libertà significa essere sequestrati, essere derubati, essere seviziati senza essere difesi e protetti dalla legge, dalla giustizia e dalla polizia, io preferisco non avere questa libertà; se libertà significa "non vedere", "non sentire", “non sapere”, io preferisco non avere questa libertà; se libertà significa non dover mai contraddire, dover dire solo sì, io, preferisco non avere questa libertà! Io mi sento libero, perché penso di aver raggiunto un buon livello di maturità e di pensiero, che mi permettono di farmi spaziare nei cieli sconfinati dell'universo senza che nessuno possa mai mettere un freno alla mia mente od ostacolare i voli liberi e felici e sicuri del mio pensiero. Potrei essere chiuso dalla società in una cella di un carcere, isolata completamente dal mondo esterno: anche in questo stato sarei libero, perché si può incatenare il corpo di un uomo ma non il pensiero! Chi mai ha la forza di vietarmi di pensare e come può mai farlo? Con la morte? No! Con la morte non farebbe altro che liberare il mio corpo dalla schiavitù dell'uomo e, nello stesso tempo, permettere alla mia anima di volare libera per il cielo e farle gustare da lassù gli umani affanni! Diventa schiavo degli uomini e di se stesso chi è succube della volontà degli altri, chi non è forte di animo, chi non basta a se stesso, chi non sa dominarsi con freddezza, chi è terrorizzato dall'idea di morire …; perde la propria libertà chi non ha idee chiare e progetti precisi, e chi non sa attribuire il giusto significato alla realtà che lo circonda e non sa dare la giusta misura alle cose prospere e avverse.
E mi fermo qui, Pellegrino, per non essere pesante e noioso. Aspetto con ansia tue notizie.
Baiano, 27 Ottobre 1973
A Pellegrino Polo, San Giorgio Calabro
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- Scritto da Montella Carmine
- Categoria: epistolario
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