(Ai militari del “Consiglio di Stato”)
Cari amici,
la lettura della vostra lettera è stato motivo di gioia per me e soprattutto di commozione laddove trovo scritto le due affermazioni seguenti: a) “siamo …però contenti che al contrario di tanti altri, che non si sono fatti più vivi, tu hai dato tue notizie, dimostrando veramente di saper coltivare le amicizie”; b) “Purtroppo le noccioline (che hai portato tu) stanno finendo, però noi tutti possiamo assicurarti che assieme alle noccioline non finirà l’amicizia e il ricordo che tutti noi abbiamo di te”.
Grazie per queste parole che voi avete gentilmente usato nei miei confronti. Mi sollevano non poco il morale, che in questi giorni è sceso giù nelle brache. È un periodo non facile per me, questo che sto passando da quando sto ad Avellino. Vado alla ricerca di un definitivo equilibrio sentimentale, che mi dia serenità, e di un equilibrio ideologico che mi dia convinzione politica, ora che sono assurto alla carica di segretario della sezione democristiana di Baiano. Incarico, quest’ultimo, per il quale devo profondere tutte le capacità, tutte le mie energie, l’impegno massimo di cui sono dotato, per risollevare un pò le sorti del partito che naviga in un oceano tempestoso, dopo due pesanti sconfitte elettorali.
Non è facile operare con la grinta necessaria che ha sempre caratterizzato le mie azioni, dal momento che la mattinata se ne vola in caserma ed il pomeriggio, fino alle ore 19, ai corsi abilitanti (che poi sono, detto tra noi, poco abilitanti, se non proprio degradanti). Mi restano un paio di ore la sera per dedicarle a questi impegni sentimentali e politici, tralasciando ahimè lo studio! Ma questo tempo è poca cosa a confronto del lavoro che bisogna affrontare e portare avanti con molta responsabilità. Cerco di fare il mio meglio, di dare quello che posso alla famiglia, al partito, agli amici e a me stesso.
Non vi nascondo che il morale subisce degli sbalzi notevoli. Ci sono dei momenti che è alle stelle e allora opero con energia, con impegno, soprattutto con convinzione. Ci sono dei momenti che è nelle brache e allora… addio sogni di gloria: quasi al diavolo partito, uomini, società e tutti gli altri accidenti. E questo non perché io sia incostante o debole di spirito. Anzi due virtù che maggiormente arricchiscono la mia personalità sono proprio la costanza e la fortezza di spirito. Ma sono le circostanze che agiscono nel subconscio e condizionano il morale. È soprattutto la vita militare a causare questi squilibri. Sto facendo una pessima esperienza qui ad Avellino per quanto riguarda il rapporto umano con i superiori.
Cito qualche esempio. Il maresciallo maggiore, comandante del Reparto Servizi, è una testa matta indescrivibile. Bisognerebbe conoscerlo di persona per averne un quadro completo... Basta dirvi che trova difficoltà tutti i giorni per firmarmi il permesso per recarmi a scuola, quando sa che il Colonnello Comandante mi ha autorizzato ad uscire dalla caserma. E non vi dico, poi, quando sono di guardia. Il Colonnello mi ha concesso l'autorizzazione di lasciare il posto di guardia per le ore strettamente necessarie, comunicando al maresciallo questo stato di cose. Ebbene, quando vado a chiedere il nullaosta per il permesso, il maresciallo diventa isterico, incomincia a gridare come un pazzo, se ne scappa come se fosse inseguito da un serpente velenoso e mi lascia col permesso in mano come un allocco, impietrito. Poi si pente, viene in ufficio, mi porta il permesso già firmato, mi fa le fusa come un gatto, mi sorride per la concessione, tutto soddisfatto se ne va col sorriso idiota sulle labbra, come un bambino convinto di aver fatto la sua buona azione quotidiana.
L’altro giorno viene sopra in camerata verso le sette e incomincia a gridare come un forsennato per farci svegliare un po’ prima. Io e gli amici della mia cameretta facciamo finta di non sentire. Il maresciallo viene vicino alla porta e, trovandola chiusa, lancia calci e pugni quasi buttandola giù. E noi tutti a russare ad alto volume! E lui ancora calci e pugni contro la porta e a chiamarci con tutto il fiato che gli è rimasto. Finalmente apriamo e gli chiediamo: “Marescià, avete bussato?”. E lui continua a sbraitare. “Marescià, non abbiamo sentito!”. Tutto incazzato se ne va! Poi ritorna e mi fa: “Montella, dopo non venire per il nullaosta perchè non te lo dò!”. Io faccio finta di niente e vado in ufficio a lavorare. Verso le dieci, bussano piano alla porta dell’ufficio. Vado ad aprire e chi è? Il maresciallo col permesso in mano e il sorriso ipocrita sulle labbra. “Di qualche cosa ha bisogno!” penso tra me. Infatti, mi dà il permesso e con voce sommessa: “Prussò (=professore), me lo fate un piacere? (notate il voi). Potete andare a pulire un po’ il refettorio, perché alle 12.30 c’è l’adunata?”. Ricattatore che non è altro: sa che io non dico mai di no e, non avendo trovato certamente nessuno disposto a fare il servizio, ha pensato subito a me e al permesso; ha collegato le due cose ed ha concluso: “Ho trovato chi pulisce il refettorio!”. E’ un verme; è una testa di cazzo, altrimenti ordinerebbe a chi è libero di far pulire il refettorio. Invece sa che non è capace di “comandare” e allora striscia come un serpente adulatore o ricattatore per trovare un’anima buona che gli faccia il “favore”!!! Immaginate un po’ da chi dipendiamo, da quale lume di scienza siamo comandati! Ormai conosco a memoria il suo comportamento, che si ripete sempre uguale come un clichè: un comportamento stereotipato! Per questo non dò molta importanza al suo modo di fare, da alcolizzato qual è. Ciononostante ci sono momenti che non lo sopporto e lo mando al diavolo.
Giorni fa non ci furono parole per convincerlo a firmare il permesso. Pensai di andare dall’Aiutante Maggiore, il Capitano C…, a chiedere ciò che mi spettava. Ebbene il capitano mi fa parlare, ascolta in silenzio, mentre legge cose sue; poi, prima di rispondere, continua per altri lunghi minuti a leggere, io sto immobile come una statua sugli attenti; all’improvviso si ricorda di me (che fremevo di rabbia!) e mi fa : “Montè, cosa ci posso fare? Se pensi che siano stati lesi i tuoi diritti, mettiti a rapporto col Colonnello Comandate!” e mi congeda. L’avrei strozzato, ma durante il servizio militare devi solo incassare (sebbene sulla carta siano cambiate molte cose!) se non vuoi andare al fresco. Intanto per mettermi a rapporto col Comandante dovevo farlo presso il Maresciallo in causa: circolo vizioso che ti coinvolge e ti neutralizza. E la pazienza se ne va! Questo è l’esemplare di un ufficiale! E i sottufficiali?
Ve ne voglio raccontare una proprio bella. C’è un sergente maggiore che, pur abbastanza giovane, è anch’egli una testa di rapa. Mercoledì scorso ero di guardia.. Andai alla porta centrale verso le 7.30 e mi fece fare quasi due ore di pulizia tra cortile, androne, stanza del sottufficiale di servizio, cameretta di servizio, sala d’attesa e sala della televisione. Una vera faticaccia! Ero guardia montante! Sabato fui di nuovo di guardia e alle 7.00 di domenica dovevo smontare e andare in permesso alla stessa ora. L’auto passava alle 7.20! Alle 7.00 portai in camerata il materasso e le coperte, tolsi gli anfibi (vi ricordo che ora si monta con gli anfibi!) e scesi giù per andarmene. Ma il sergente Maggiore, pur sapendo che avevo solo pochi minuti di tempo per prendere l’auto, mi fa: “Montè, non te andrai se prima non avrai fatto le pulizie!” Faccio osservare che i rapporti tra me e il sergente erano buonissimi! Si comporta così perché – come già il Maresciallo citato - è la negazione totale dell’intelligenza, è l’esaltazione della testardaggine. Gli feci notare che le pulizie non mi toccavano farle, perché ero guardia smontante! Lui replicò, insistendo tenacemente e con convinzione, che è la guardia smontante a dover fare le pulizie. Quando gli feci notare che il mercoledì precedente proprio lui aveva affermato il contrario, cioè che a fare le pulizie era la guardia montante, capìta la contraddizione del suo non-ragionamento, cominciò a minacciarmi di “mettermi in tabella” per “disubbidienza”! Avrei voluto essere un nuovo conte Ugolino!!! Cosa avreste fatto voi al mio posto? Non potendo certo dargli un morso in testa, gli scaraventai in faccia il basco e me ne andai, tirando violentemente dietro di me la porta, facendo vibrare tutto il portone. Cosa successe? Non mi mise in tabella né fece rapporto ai superiori. Vigliacchello senza onore! Per evitare la figuraccia avrebbe dovuto proporre la mia punizione! Ma cosa si può pretendere da persone che, non avendo avuto la capacità di inserirsi nel mondo del lavoro per il basso quoziente di intelligenza e per l’inesistente senso pratico (salvo poche eccezioni) sono rimasti nell’esercito a fare sfoggio di cretinaggine, di testardaggine, di ignoranza completa. Ed è ridicolo che questi uomini, anzi questi non-uomini, pretendono di dettar legge, convinti di essere superiori ai soldati proprio per intelligenza, per luminosità, per chiarezza e logica di ragionamento! E fa rabbia dover parlare con questi non-uomini perché il loro non-ragionamento, la loro testardaggine, sfocia in un violento scontro verbale col nostro tentativo di impostare un discorso logico. Alla fine a tacere è sempre il soldato per il suo grado di inferiorità militare contro la inferiorità mentale di molti superiori. Bisogna rifiutarsi di parlare con costoro. Vorrei puntualizzare però. Il rifiuto di parlare non dipende da razzismo culturale perché tutti noi, fuori dall’ambiente militare, ragioniamo e con piacere, con disponibilità con quelle persone che per qualsiasi motivo non hanno raggiunto un livello culturale e logico sufficiente.
Dopo queste amare esperienze che si fanno in caserma, non so con quale animo, una volta tornati a casa, si possono affrontare i propri problemi. Se non si è forti di spirito, se non si ha una forza di volontà veramente di ferro, si può soccombere al contatto brusco con la vera realtà, si può naufragare nel mare delle perplessità, si possono mettere in dubbio le convinzioni umane, sociali, politiche, a tal punto che si può provare la stessa esperienza di un mio amico, il quale, congedatosi dopo15 mesi di servizio militare, per tre o quattro anni non ha avuto più la disposizione d’animo per continuare a studiare, con enormi danni morali e materiali per sé e per la famiglia!
Questa situazione di sconforto, oltre a dipendere da quanto detto poc’anzi, è causata soprattutto dall’intensità del lavoro che svolgiamo al Distretto senza possibilità di riposo. C’è sempre da lavorare in ufficio, da fare servizi in ogni momento prelevandoti anche dall’ufficio e dal posto di guardia per lavori che non toccherebbero, ma che si devono fare; ci sono due servizi di guardia alla settimana (eccezionalmente tre): cose queste che non sono pesanti, come già vi scrissi nell’altra lettera, ma che a lungo annoiano, stancano anche chi ha voglia di lavorare, sfibrano e ti rendono come uno straccio. Perdere due notti la settimana, senza la possibilità di recuperare il sonno perduto perché bisogna recarsi in ufficio appena smontati dalla guardia, lasciano il segno, soprattutto per me che devo conciliare questi servizi con gli impegni scolastici e politici. Ci sono delle sere in cui vado a letto solo perché casco dal sonno, martellato alle tempie da fischi e suoni sibilanti.
Torniamo a noi. Mi dispiace che in ufficio non c'è ancora il mio sostituto, per cui siete costretti a sobbarcarvi anche quel lavoro che facevo io. Mi dispiace pure che sono finite le nocciole che portavo quando stavo al Consiglio di Stato. Personalmente non posso rimediare per la prima faccenda, ma per la seconda sì. Ho preparato un pacchettino di noci e nocciuole che provvederò a farvi avere al più presto. Più di questo non posso fare altro che esservi vicino con il pensiero e di solidarizzare da lontano con la vostra giusta rivendicazione del sostituto!
Vi saluto, perché non ho altro da raccontare e, nell'attesa di vostre gradite notizie, vi riverisco sinceramente, preannunciandovi - senza niente promettere di sicuro - una mia probabile visita a Roma! Salutatemi tanto Gaetano, il signor Gardin e la Signora Cesarini Accoroni.
Ciao ciao.
Avellino, addì: 13 Ottobre 1975