Ti sto scrivendo questa lettera, caro Stefano, per parteciparti le emozioni che ho provato questa sera a Piazza San Pietro.
Potresti chiederti perché scrivo proprio a te e non ad altri amici. La risposta è semplice. Tu sei tra le poche persone che io stimo in modo assoluto (non dico questo per confonderti ma perché meriti questa stima incondizionata!); con te ho discusso in altra occasione - e precisamente il tre Agosto - della situazione che ora passerò a presentarti e, per questo, sei la persona più idonea, in questo momento, con la quale continuare un discorso già iniziato; sono convinto, poi, che anche tu proveresti gli stessi sentimenti, perché sei un uomo molto sensibile e aperto, pronto a slanci passionali; con te, infine, si può discutere apertamente e lealmente di qualsiasi problema, in quanto sai essere al di sopra della bega sciocca e del pettegolezzo civettuolo!
Se ti dico che ti sto scrivendo con gli occhi ancora tumidi, mi devi credere (e so che mi credi!). Ho provato questa sera, per la prima volta in vita mia, un'emozione indescrivibile che lascerà per molto tempo un'orma indelebile nel cuore e nella mente.
Le parole, spesse volte, non riescono a presentare nella loro completezza i sentimenti e le emozioni che l'uomo prova, perché esse, per la loro stessa natura, hanno un limite insormontabile oltre il quale non hanno più l'idoneità per descrivere - pur con tutte le sfumature della lingua - i turbamenti della mente, i fremiti del cuore ed i brividi del corpo, né possono riuscire a farli intendere con la stessa intensità e partecipazione con cui uno li prova. Ciononostante, mi sforzo di usare i vocaboli che maggiormente possono farti rivivere la passionalità profonda dei sentimenti che mi hanno pervaso ed entusiasmato questa sera. Esperienze che poche volte si ripeteranno nella vita, almeno con lo stesso turbamento della prima volta!
Dopo il messaggio di pace che il Papa (n.d.r. Paolo VI) ha letto in molte lingue ai fedeli raccolti in Piazza San Pietro, dopo la sua benedizione e il giro in mezzo alla folla agitata e fremente, ho superato le transenne e mi sono riversato, disperdendomi, in mezzo alle migliaia di persone provenienti da tutte le parti del mondo. C'erano rappresentanze se non di tutte le nazioni. sicuramente di tutte le razze, accorse a San Pietro per incontrarsi e per sentirsi unite nella pace e nella fratellanza. Anch'io sono accorso spinto dagli stessi sentimenti e mi sono sentito fratello di tutti i presenti e di tutti gli assenti. Giunte a Roma, queste persone, affrontando spesso anche enormi sacrifici economici, con tante speranze, con tanti ideali, alla ricerca di sensazioni nuove, di incontri edificanti, perché la Chiesa, tra le tante deficienze che la caratterizzano, ha avuto ed ha ancora indubbiamente il merito e la forza di riunire, intorno alla Parola di Cristo ed al messaggio che Essa ha lanciato e porta con sé, tanta gente che in questo messaggio ha trovato l'unico motivo per vivere e, nello stesso tempo, l'unico invito da parte di un raggruppamento (religioso) di uomini ad abbracciarsi, a sentirsi uniti, compresi, non emarginati dai preconcetti verso determinate razze.
E leggi questi sentimenti sul volto di questa gente raggiante di felicità, quando i loro occhi in cerca di insolite emozioni, di intesa e di comprensione, si incontrano con i miei e con quelli degli altri presenti, attratti e presi direi da un flusso magnetico che ha origine in questi sentimenti.
E ho letto questi sentimenti soprattutto sul volto dei negri e sul volto di alcuni gruppi di orientali, i quali, come i primi, hanno un corpo molto rozzo, hanno dei lineamenti non molto aggraziati, hanno il colore della pelle che provoca disgusto in molti bianchi, e, consapevoli della poca grazia fisica che li contraddistingue e li "incrimina", con tanta dignità, con tanta fierezza d'animo vogliono parteciparci la loro presenza morale, culturale, la loro presenza di uomini, mal tradita dalla presenza fisica e nello stesso tempo quasi vogliono chiederci comprensione della loro rozzezza somatica, sapendo e convinti della nostra prevenzione verso di loro.
Ed io che ho sempre provato dei sentimenti di rispetto umano verso queste razze, sono stato attratto dalla forza di istinto e dal flusso magnetico che si era stabilito, ed ho sentito un profondo bisogno di correre in mezzo a loro, di far sentire la mia solidarietà, la mia gioia.
L'espressione del viso difficilmente riesce a celare i più puri sentimenti, i quali rompono ogni ostacolo e si mostrano nella loro spontaneità, nella loro completezza. Certamente sono stato compreso perché gli sguardi si sono intensificati, incontrandosi come per intesa. Mi passavano davanti e cresceva sempre più il bisogno di capirli e di rivalutarli per il valore e l'apporto che recano all'umanità. Cresceva in me anche la convinzione che essi leggessero questi sentimenti sul mio volto e ne ero estremamente felice.
Ed ho fatto l'unica cosa che in quel momento richiedeva la situazione: ho allungato spontaneamente la mano ad un negro: gliel'ho stretta forte; altrettanto ha fatto lui, aggiungendo un "Grazie!" molto significativo. Mi sono sentito percorso per tutto il corpo da un brivido intenso e piacevole. Gli occhi si sono gonfiati e la gola si è bloccata in un prolungato nodo. In quell'attimo così lungo ho provato una sensazione ed un'emozione che non riesco a parteciparti tanto è stata intensa. È stata la prima volta che io abbia allungato la mano ad un negro e non certo per un senso di pietà, di comprensione o per atteggiarmi, ma per un istintivo desiderio di unione spirituale con questi uomini. Avrei voluto abbracciarlo, stringerlo al petto, baciargli le guance per fargli capire la sincerità dell'azione e per rafforzare in modo perentorio l'unione. Non so perché non io non l'abbia fatto. Forse ho avuto vergogna che gli altri mi guardassero, anche se questa situazione è da ammirare!
E in quel momento ho pensato ancora una volta quanto ti disse il tre Agosto: se gli uomini di tutte le estrazioni politiche, culturali, religiose, etniche, potessero ritrovarsi a Roma (o altrove, indifferentemente) un paio di volte all'anno e potessero rivivere tutti insieme le emozioni di questi incontri, sono sicuro che diventerebbero più buoni, penserebbero diversamente, non avrebbero più falsi concetti e rifletterebbero sui rapporti reciproci questi nuovi atteggiamenti, questi nuovi sentimenti (che si rafforzerebbero e rinnoverebbero ad ogni nuovo incontro); che non vi sarebbero più guerre; che i conflitti fra i popoli diventerebbero "storia" di altri tempi e di altre società!
E si è rafforzata in me questa convinzione, a tal punto che ho deciso, preso dall'entusiasmo, di imparare al più presto l'inglese e il francese, perché oggi è diventata un'esigenza la conoscenza di queste lingue che possono aprire nuovi rapporti tra gli uomini. a vantaggio di una sempre maggiore convivenza mondiale e per una sempre maggiore maturità dei popoli, attraverso gli incontri e lo scambio delle idee e della cultura.
Pensavo queste cose, con espressione estasiata, quando mi sono ritrovato con la mano nella mano di un altro negro, il quale, mentre la stringeva. mostrava i denti bianchissimi in un prolungato sorriso e mi diceva "Buon giorno". Erano le otto di sera, ma egli con quelle due parole, se pur anacronistiche, forse tra le poche che conoscesse del nostro linguaggio, del nostro vocabolario, voleva esprimermi la gioia di quella stretta di mano; quelle due parole avevano tutt'altro significato, avevano un valore inestimabile, forse esprimevano il suo desiderio di dirmi "fratello"!
Ma a pensarci bene, ora, quel "Buon giorno!" era l'unica espressione giusta che bisognava pronunciare e che lui pronunciò: "Buon giorno!" L'augurio per un nuovo giorno nei rapporti tra gli uomini; buon giorno ad una nuova vita che per molti di loro incomincia in quella piazza unica e maestosa che è San Pietro!
I miei occhi brillavano più dei suoi. L'intesa, la comprensione e la rivalutazione erano complete. "Buon giorno!" gli risposi anch'io. "Buon giorno!"… per non correggerlo!
Stefano, quello di oggi è stato un giorno come pochi nella vita!
Non ho altro. Ti saluto, pregandoti di porgere i miei omaggi alla signora.
ROMA, Piazza San Pietro: la sera del mercoledì 13 Agosto 1975.
Stefano Scotto, Baiano
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- Scritto da Montella Carmine
- Categoria: epistolario
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