Avete alzato il calice alla mia salute, cari amici? Vi ringrazio di cuore. Non vi nascondo che a tavola ho brindato anch'io alla vostra salute, dopo aver letto la lettera. E quando ho levato in alto il braccio, mi sono accorto che le dita non sorreggevano un calice di vetro colmo di vino, ma tre cuori pieni di vita!
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Nella mia lettera del 13 ottobre scorso, che voi avete letto con generosità, data la sua lunghezza, vi descrissi due personaggi del Distretto Militare di Avellino tra i peggiori, condannando un po' tutto l'ambiente militare. È giusto però che io salvi qualcuno, per una maggiore completezza di valutazione e per una maggiore onestà di giudizio.
Il Cap. Rossi Alfonso, per esempio. Per la sua carica umana, per il suo comportamento semplice, schietto, sincero, è stato per noi un vero amico, ed ha suscitato la simpatia generale tra la truppa. Non ha mai fatto pesare le "tre stelle", ha sempre cercato di instaurare rapporti prima umani e poi militari. Io, in modo particolare, ho suscitato la sua simpatia verso di me, viaggiando per due mesi circa con il passaggio nella sua "simca". Con piacere mi offriva il posto in macchina, invitandomi anche quando io non lo chiedevo, aspettandomi quando ero in ritardo, andando qualche volta personalmente a ritirare il mio permesso presso quel simpaticone del Mar. Colaprice. Io l'ho voluto bene come un padre e lui mi ha ricambiato questo affetto, trattandomi come un figlio. Una domenica siamo andati perfino a raccogliere i "chiodini" in montagna. Tutti i soldati hanno apprezzato le sue qualità di uomo che lo distinguevano dagli altri e quando il I2 novembre scorso c'è stata la festa di addio in suo onore (perché veniva trasferito al B.A.R.T.C. di Avellino a comandare una compagnia) spontaneamente abbiamo organizzato una colletta per comprargli un ricordo, in segno della nostra stima e del nostro rispetto. La stessa iniziativa non era stata intrapresa, un mese fa, in occasione della festa di addio di un altro Capitano; per questo il Cap. Rossi non è riuscito a nascondere la sua commozione, in presenza dei colleghi, della truppa e degli impiegati civili. È venuto poi a ringraziarci nel refettorio, ancora con gli occhi tumidi: non ha trovato parole per esprimerci la sua gratitudine e la sua gioia!
Devo salvare anche i vari Tenenti Colonnelli e soprattutto il Colonnello Comandante Simmaco De Gennaro, pittore di fama nazionale. Che uomo! Che signore! Il suo biglietto di visita, come suol dirsi, fu la sua disponibilità verso la truppa, la stretta di mano a noi militari e l'invito a farci accomodare quando si va nel suo ufficio!
(Avellino, 2I novembre)
Cari amici, vi sto scrivendo questa. seconda parte della lettera dall'Ospedale Militare di Caserta, dove sto ricoverato nel reparto ortopedico dalle ore I5.20 del giorno 25 novembre. Che strazio, ragazzi, stare in un ospedale militare! Ci sono stato già per due giorni nella seconda decade di settembre e non vi dico l'esperienza che feci in quell'occasione. Mi proposero di imboscarmi e di finire, così, tra il ricovero e la convalescenza i giorni di servizio militare che erano ancora tanti. Sì, i miei giorni certamente lì avrei finito e forse anche nel reparto neurologico Mi rifiutai con un NO convinto, secco, categorico, severo, un NO che non lasciava possibilità di ripensamento. Prima perché mi disgustava ed indignava questo "baratto", questo stato di servilismo che è proprio degli imboscati. per una questione di sani principi di vita; secondo perché io sono come un uccello: in gabbia soffro, mi manca lo spazio necessario per muovermi: io devo essere li-be-ro di essere me stesso! Preferisco mille volte stare in caserma tutto il giorno a scoppiare, lontano da casa, a sopportare tutto quel ben di Dio, purché la sera possa uscir fuori dalla prigione a respirare aria pura di libertà!
No, non sarei stato tanto forte da vincere la battaglia contro me stesso e internarmi in ospedale, ad impantanarmi tra quelle mura. In quei due giorni di degenza mi sentii soffocare a tal punto da chiedere vo-lon-ta-ria-men-te di farmi idoneo al corpo e ritornarmene in caserma. Preferii perdere quei giorni di convalescenza che mi avrebbero accordato se io fossi rimasto ricoverato per altri pochi giorni. Niente, non volli né convalescenza, né volli imboscarmi: volli la mia libertà! E l'ottenni. 0 cara libertà che per te morirei!!!
Ed ora eccomi di nuovo in ospedale: sono gli scherzi della vita, che rompono la monotonia di tutti i giorni. Non impazzisco questa volta perché sono confortato dal pensiero che pur stando a casa nemmeno avrei potuto uscire, e sorretto da una forza di volontà straordinaria, dovuta al mio modo di ragionare. L'internamento questa volta l'ho preso con filosofica freddezza (del resto non c'era altra soluzione logica!) e l'ho considerato come una esperienza di una C.P.R.; come un periodo di riposo da dedicare.alla lettura del giornale e di un romanzo di Prandello (Quaderni di Serafino Gubbio operatore) e a lunghe dormite; come una buona occasione per fare nuove esperienze umane, per fare nuove considerazioni sul comportamento dell'uomo. Ho passato ore intere. ad osservare in silenzio i vari movimenti dei ricoverati, ad ascoltare i loro ragionamenti, traendone valide conclusioni che hanno arricchito il mio bagaglio culturale. È un modo questo per far sopportare qualsiasi accidente, per fare ambientate l'uomo in qualsiasi luogo, per fargli riacquistare la serenità quando teme di poterla o di averla smarrita: l'esperienza non è mai perduta. arricchisce sempre!
Non vi ho detto ancora perché mi trovo in ospedale. Lunedì 24 novembre verso le sei del pomeriggio rientravo in caserma, dopo essere stato ai corsi abilitanti. Sulle strisce pedonali proprio vicino al Distretto fui investito da una "cinquecento". Soccorso e immediatamente portato al vicino Ospedale civile, mi riscontrarono una forte contusione con doppia escoriazione al ginocchio sinistro ed una lieve contusione alla regione carotidea. Niente male! Solo grazie alla mia agilità ed ai miei riflessi evitai il peggio, attutendo il colpo, ammorbidendolo con un pronto salto all'indietro. Un altro al mio posto certamente sarebbe stato letteralmente falciato. L'unico sollievo è la constatazione che ... a mettermi sotto sia stata una signora (che donna!). Anche nella cattiva sorte ho trovato qualcosa di confortante: basta accontentarsi!
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Torniamo alla vita da internato. È semplicemente ridicola! Qua dentro tutto è ridicolo, tutto è senza significato, tutto è vuoto e squallido. demoralizzante per chi crede ancora nei valori puri e sani della vita. Quasi tutti sono imboscati, sono adulatori, ipocriti, falsi ammalati, vigliacchelli egoisti. Mi fanno nausea! Ti costringono a pregare anche se dicono che si è liberi di non farlo. Sentite cosa mi è capitato questa mattina. Si stava preparando la festa per la Medaglia Miracolosa. Io stavo leggendo il giornale vicino alla finestra. Si avvicina un capitano cappellano e mi chiede con tono perentorio: "Tu ti sei confessato?" Colto allo sprovvisto, sono rimasto imbambolato ed ho risposto si. Del resto mi scocciava dare anche delle spiegazioni del perché non volevo confessarmi. Ha voluto essere preso per fesso e l'ho buggerato. Ho visto poi che chiedeva la stessa cosa agli altri ricoverati, con un fare da SS, costringendo alla confessione chi non voleva farla o alla bugia chi ha saputo resistere ai suoi inviti. In cappella poi si è raggiunto il colmo della sopportazione e della indignazione durante la Messa. Giunti all'Eucarestia, si è fatta una lunga fila di "ricoverati" che avevano bisogno di prendere la comunione. Erano per la maggior parte lecchini che dovevano trascinare noi altri verso l'altare e, nello stesso tempo, dovevano liberarsi del peccato commesso con il loro comportamento, con la loro ipocrisia. Molti di noi siamo rimasti fermi negli scanni. Una suora si è avvicinata e con espressione buffa ci ha detto: "Voi non sentite il bisogno di comunicarvi?" Poi, dimenando le mani giunte borbottava tra sé (ma facendosi sentire): "In che mondo viviamo. Povere mamme vostre che vi hanno inutilmente insegnato la parola di Dio!" E torceva la bocca e continuava a dimenare le mani quasi volendoci accusare di essere degli "animali" (In contrapposizione a "cristiani"!) Se avesse potuto ci avrebbe sputato addosso: glielo leggevo sul volto da quell'espressione così cattiva! E poi il Clero si chiede meravigliato perché oggi la gente e soprattutto i giovani si allontanano
dalla Chiesa! (Caserta, 29 novembre)
Ho avuto un mese di convalescenza, per il momento! Ora sto a casa, mi sento già meglio (sarà l'effetto della convalescenza!) e posso cosi portare a termine quest'altro "capitolo di libro", pregandovi di sopportarne la lettura.
Non ho altro. Penso di poter chiudere con l'augurio che accettiate i più cordiali saluti e gli auguri più sentiti per il prossimo Natale e per il prossimo anno I976, che sia apportatore di gioia e di felicità immensa per voi e per me.
Buone feste, buon divertimento e... ciao. ciao.
Baiano, lì: 5 Dicembre 1975
Soldati del Consiglio di Stato (3)
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- Scritto da Montella Carmine
- Categoria: epistolario
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