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Giovedì mattina, al comune, verso le 11.30.

<> dice il signor Antonio.
Stacca le ultime cinque  e, mentre io stesso incollo le prime sui documenti autenticati, prende nel cassetto un blocchetto nuovo e ne conta altre sette. Poi comincia ad annullarle con il timbro del Comune, facendo sobbalzare ad ogni colpo la cancelleria sul tavolo.
<<E’ pronta la mia carta di identità?>> chiede una donna che entra senza salutare e si intromette senza dire neppure: <>. Almeno per buona creanza!
Mi giro d’istinto. E’ una tappetta alta così, sui cinquantanni, non bella, dai capelli castani brizzolati.
L’impiegato la guarda con la coda dell’occhio e annulla la terza marca senza scomporsi minimamente.
<<Sentite!>> fa la donna. <>Copertina del libro
Lui le dà una seconda occhiata, spazientito.
<> mi dice garbatamente. <> e annulla la quarta marca.
<<Ehi, vi ho chiesto se è pronta la mia carta di identità!>> insiste la donna con voce robusta. <<Perchè fingete di non aver capito?... Una persona educata non si comporta così!>>
<<Già!... L’educata siete voi che entrate in un pubblico ufficio e, senza un minimo di rispetto per i signori che stanno facendo la fila, vi introducete con prepotenza, signora!>>
<>
<> puntualizza con sarcasmo.
<>
<<No, signora... Non è pronta!>> la interrompe il signor Antonio.
<>
<<No, non è pronta, SIGNORINA!>> ripete, facendomi un  occhiolino malizioso.
Io mi giro verso la finestra per nascondere un primo accenno di risata.
<>
<<Perchè non è il vostro turno!>>
<<Però io ho fatto la richiesta  cinque giorni fa!>>
<<Però questo non vi dà il diritto di scavalcare i presenti!>>
L’impiegato mi passa le altre marche e mi lancia uno sguardo sornione, dissimulando le sue vere intenzioni:
<> dice ai presenti che giustamente borbottano.
<> minaccia la donna, convinta che la sottrazione anche di un solo centimetro la farebbe arrossire nell’esibire il documento.
<> si sorprende il signor Antonio. <>
<<Sì!>> replica decisa la signorina. <>  
<>
<> ripete sicura di sé.
<<Signorina, noi qui non togliamo i centimetri a nessuno!... Pure perché non me li porto a casa per la cena, fino a prova contraria!>>
<> insiste con forza la donna.
<>
<>
<<Noò, per carità!... Voi avete l’altezza giusta che vi ha voluto dare il Signore!... Ed io proprio quella devo scrivere sul documento!>>
Lo prende, allora, dal  cassetto, lo poggia sul tavolo e guarda la foto con espressione interrogativa:
<>
<> precisa senza mezzi termini la signorina.
<> le fa notare il signor Antonio con molta malizia e con l’atteggiamento solidale di chi comprende la triste realtà.
<>
<<Oooh!... Io non vi permetto di parlarmi con questi toni !!!... Io sono un pubblico funzionario nell’esercizio delle proprie funzioni e non accetto da chicchessìa essere vilipeso mentre presto questo importantissimo servizio alla collettività con senso di abnegazione e di sacrificio, sopportando tutto...  fuorché le minacce dell’utente!!!>>
<> cerca di spiegare con atteggiamento più remissivo. <<Però nelle vostre parole notavo qualche cosa...>>
<>
Prende la penna, la prova sul retro di uno stampato e comincia a scrivere:
<>
<>
<> afferma l'impiegato con aria da sapiente. <>

<>
<>
<<Chi?>>
<
<> precisa la donna.
<<E, secondo voi,  sulla carta di identità  io scrivo: “Avellino virgola Clinica Malzoni” oppure: “Nata in casa virgola con la levatrice”?... Allora è nata ad Avellino?>>
<<Sì, ad Avellino!>>
Scrive.
<<Quando?>>
<>
<<Ah!... Come Lucio Dalla... Ora capisco!>>
<> lo aggredisce la donna, che ha intuito l’allusione, spingendosi contro il tavolo.
<>
<>.
Il signor Antonio scrive la data di nascita sul documento, poi continua:
<>
<>
<>
<>
<<Già, non ci avevo pensato!... Professione?>>
<> risponde orgogliosa.
<<Però!>> osserva l’impiegato meravigliato. <>
Lei gli lancia un’occhiataccia da fulminare un’aquila in volo.
<<Altezza?>> e fa una strana smorfia con la bocca, perché capisce che è arrivato il momento della contesa. Allunga il collo e la scruta con sguardo indagatore dal basso verso l’alto.
<>
<<Sì, nel duemila!>> risponde senza peli sulla lingua l’impiegato, pronto a sostenere il duello.
<>
<>
<<Perciò>> precisa la signorina, <>  
<> e le indica la parete alle sue spalle, sulla quale è inchiodata una sottile asta centimetrata.
Sorpresa da quell’invito che chiaramente non ammette soluzioni alternative, la signorina si avvicina timidamente al muro e con un ultimo disperato tentativo cerca di sottrarsi alla misurazione che dovrà stabilire in modo definitivo la vera altezza da indicare sul documento per altri lunghi cinque anni.
<<Perché mi devo misurare un’altra volta>> supplica con un fil di voce, <>
Sordo all’inutile implorazione, l’impiegato si alza, deciso a verificare ciò che non sfugge ai suoi occhi attenti:
<> ammette serio serio. <>
<<Perché... mi misurate scalza?!?>>
<<Perché... vi devo misurare con le scarpe?>>
<<Certo!>> precisa la donna. <>
<>
<> incalza cocciutamente la signorina Speranza.
Alza la gamba e mostra la scarpa:
<>
<>
<>
<<Signorina, se andate di fretta come avete detto poco fa, non facciamo prima se vi togliete le scarpe senza tante storie e vi sistemate contro l’asta?>> E la sospinge verso la parete.
Speranza, rassegnata all’idea di non poter sfuggire in nessun modo alla verità, si appoggia contro l’asta ma con un movimento impercettibile si solleva sulla punta dei piedi nell’estremo tentativo di falsare la misurazione. Ma Cerbero è attento: non è il tipo da lasciarsi ingannare così!
<<Ah! Ah! Ah! Ah! Birbantella!>> la rimprovera con tono paternalistico, accortosi del tentativo fraudolento. <>
E le poggia le mani sulle spalle per farle rimettere i talloni per terra. Non l'avesse mai fatto! Lo aggredisce come una vipera che si rivolge contro il suo nemico mostrando i denti veleniferi.
<> E lo allontana con uno spintone. <>
<> gli risponde l’impiegato, trattenendo a stento una risata, dopo aver dato uno sguardo veloce ai presenti nell’uffico che ormai si è affollato. <<Però avete ugualmente tentato di imbrogliarmi!>>
<<Embè! Io difendo i miei interessi!>>
<<No! Voi difendete solo i centimetri che non avete!>>
E, rimanendo a distanza di sicurezza: <> dice <>
<> grida la donna. <> Poi, ripreso fiato, con aria più sottomessa e supplichevole:
<>
<>
<<Perchè non mi fate misurare dal signore?>> lo interrompe e indica me. <>
<<Signorina, con tutti i guai che ha per la testa il Signore>> e alza le braccia al cielo, <>
<> E indica me per la seconda volta. <>
<<Aaaah! Il signore qui vicino!>> E mi poggia la mano sulla spalla sinistra. <> e con un occhiolino malizioso mi invita ad assecondarla, <>
Io accetto subito di mettere a disposizone della giustizia la mia opera di imparzialità. Prendo il tagliacarte sul tavolo e glielo poggio sulla testa, facendole abbassare l’altezza dei capelli gonfiati con la pettinatura.
<> esclamo soddisfatto della mia prestazione, con un bel sorriso sulle labbra.
<<Sì, sì, il signore sta proprio fresco!... Mi vuole togliere pure lui altri centimetri!... Ma poi, io dico, perché mai devo essere misurata da uno sconosciuto che, tra l’altro, ride pure?... No, no, preferisco la vostra misura!>>
<> chiede il signor Antonio.
<<Perché non scriviamo proprio la misura di cinque anni fa?>> ribatte la signorina. <>
<>
L’impiegato va a sedersi e scrive leggendo ad alta voce:
<>
<<Sì, gridate più forte come un banditore!... Fatevi sentire dalla piazza!>>
Lui si guarda intorno con aria rassegnata, per chiedere comprensione al pubblico, poi con molta calma le dice:
<> La passa velocemente in rassegna. <>
<<Guardate!...Guardate pure!... Sul mio corpo non  c’è nessun segno particolare>> precisa la donna prima che le trovi qualche difetto.
<<Visibile!>> puntualizza l’impiegato. <<Però ci sono quelli invisibili!!!>> e si tocca varie volte la fronte con l’indice della mano sinistra per farle intendere che a volte può mancare qualche rotella.
<<Spiritoso!>>
<> ripete divertito. <>
La donna si rivolge ai presenti al colmo della collera:
<>
Il signor Antonio finge di non aver sentito e scrive con estrema lentezza compiacendosi della bella grafia.
<> e le porge la penna.
<> risponde arrabbiata la signorina, al limite della sopportazione. <>
<>
<>
<<Embè!... Qui al comune non ci sono impiegati che non sanno né leggere né scrivere!... Coi tempi che corrono!>>
La signorina gli fa una occhiataccia, poi firma il documento con movimento veloce della mano per dimostrare la sua abilità. L'impiegato la guarda, fa una smorfia di compiacimento, poi piega la carta di identità, la stira con la mano destra e gliela consegna:
<>
La donna, ruggendo di rabbia, afferra la carta e va via infuriata senza neppure salutare, facendosi largo tra la gente che aveva riempito l'ufficio.

Scoppia allora una risata generale trattenuta con forza in presenza della poveretta. E mentre la gente commenta con parole mordaci, il signor Antonio annulla le altre marche sui miei documenti.

(Novembre 1992)

FATTI E PERSONAGGI SONO FRUTTO DELLA FANTASIA. OGNI RIFERIMENTO A PERSONE E COSE E’ PURAMENTE CASUALE. (L’autore)