Una pagina di storia locale nel contesto europeo
1799: I realisti del Baianese uniti contro i repubblicani.
Scontri armati al passo del Gaudio e al Ponticello del Cardinale.
(29 Settembre 1996)
Dopo la morte di Robespierre, a sancire la vittoria della classe borghese in Francia venne approvata la Costituzione dell'anno III. Si ritornò alla rigida separazione dei poteri, allo scopo di evitare una qualsiasi dittatura personale o di assemblea. Il potere esecutivo fu conferito ad un Direttorio di 5 uomini, che provvedeva alla sicurezza esterna ed interna della repubblica e disponeva della forza armata. Le vittorie italiane di Napoleone avevano disorientato il Direttorio che subì l'egemonia del giovane generale al quale fu concesso tutto il potere nella soluzione della sistemazione dei territori italiani. Napoleone diede vita ad una serie di repubbliche, sotto il suo controllo politico e militare.
Desideroso di sucessi militari che in qualche modo eguagliassero quelli riportati dal Bonaparte, impegnato nella spedizione in Egitto, il Direttorio diede ordine ai propri eserciti che occupavano Roma di invadere il Napoletano e di instaurarvi una repubblica partenopea (23-1-1799).
Ma la politica di rapina e di netta subordinazione delle nuove repubbliche alle decisioni di Parigi attenuarono l'iniziale fervore con cui molti italiani avevano salutato la vittoria delle armi francesi.
La politica antigiacobina, perseguita dal Direttorio in Francia e nei paesi occupati, indeboliva la parte più estremista dei patrioti italiani, mentre lo sfruttamento costante a cui erano soggetti i territori e la sostanziale sottomissione alla volontà del Direttorio, rendevano incerti e diffidenti i gruppi più moderati.
Fu sufficiente, quindi, una semplice sconfitta delle truppe francesi ad opera degli austro-russi (seconda Coalizione), perchè le repubbliche italiane crollassero sotto l'onda di una reazione legittimista, sostenuta dal clero (ostilissimo alla Francia dopo il trasferimento del papa Pio VI in territorio francese, dove si era spento) e dalle popolazioni urbane e rurali da esso dirette.
Il 7 maggio i francesi ritirarono da Napoli le truppe per mandarle al Nord a soccorrere gli eserciti impegnati contro gli austro-russi, abbandonando così al suo destino la sedicente repubblica partenopea, mai richiesta nè eletta dal popolo.
Cosicchè un'insurrezione sempre più crescente restrinse in un territorio molto esiguo la illegittima e debole autorità del governo repubblicano. Questi mobilitò le truppe disponibili per formare altri contingenti, mediante nuovi arruolamenti. Pertanto il 18 maggio il "comandante l'armata di Puglia" generale Matera partì per la Puglia con una legione di fanteria da completarsi su suolo pugliese, seguito subito dal generale Federici che avrebbe dovuto formare tre reggimenti di cavalleria. I due generali furono costretti, però, a fermarsi davanti all'insorta Ariano. Mentre il Matera ripiegava verso Benevento, il governo repubblicano inviò in aiuto del Federici il generale Spanò con la sua Legione Campana. Ma costui il 28 maggio subiva una vera e propria disfatta al passo del Gaudio ad opera dei realisti di Mugnano del Cardinale, con l'appoggio delle popolazioni del Baianese, pronti a difendere l'autorità del re di Napoli Ferdinando IV di Borbone e della regina Maria Carolina.
Artefice di quella vittoria fu il sacerdote D. Saverio Bisesti, insieme al fratello Michele e al nipote Mario.
Ecco come andarono i fatti.
Il sacerdote aveva guidato la resistenza antigiacobina in Mugnano e nei paesi vicini, da quando gruppi di giacobini locali (della cellula voluta dal sacerdote massone Antonio Jeròcades, da allora relegato dalle Autorità nel Cenobio di S. Pietro a Cesarano) si erano impadroniti dell'amministrazine, aperto i ruoli delle milizie civiche e istigato alcuni del popolo ad operare saccheggi.
Avuto notizie delle prime vittorie dei realisti, a Mugnano e nei paesi vicini vi furono spontanei e disorganizzati tentativi d'insorgenza, purtroppo spietatamente soffocati nel sangue.
Quando il generale Agamennone Spanò fu di passaggio per il Baianese, i realisti fraternizzarono con i militi e li accolsero trionfalmente.
Ma il 27 maggio giunse in Mugnano un messo segreto che annunciava la conquista di Foggia da parte delle truppe realiste e il loro prossimo arrivo, in marcia verso Napoli. La notizia si diffuse immediatamente, le campane suonarono a stormo e fu l'insurrezione. Cominciò allora la caccia ai giacobini che avevano tiranneggiato per mesi. Quasi tutta la guardia civica controllata dal Comandante Michele Bisesti e dal figlio Mario si schierò con gli insorti. Il sacerdote Jeròcades e un tale Matteo Vasta, tra i più compromessi, sfuggirono alla collera degli insorti riparando in Napoli.
La mattina del 28 maggio, nonostante le voci di un arrivo da Napoli di repubblicani per eseguire rappresaglie, i realisti in armi guidati da Don Saverio Bisesti superarono ogni indugio e scesero a Baiano, Sperone e Avella, dove furono abbattuti gli alberi della Libertà e al loro posto venne innalzata la Croce.
Intanto, mentre aspettavano il nemico da Nola, un messo sopraggiunto avvisò che truppe repubblicane stavano arrivando da Avellino. Circa 500 insorti mugnanesi, quadrellesi, sirignanesi e avellani si diressero al Ponte Miano, un miglio e mezzo ad oriente di Mugnano sull'orlo della gola del Gaudio, ove passava la Via Regia delle Puglie. In quel luogo si appostarono tutt'attorno nelle selve dette del Maisone, in posizione protetta dalla fitta vegetazione e con possibilità di ritirata sicura: da un lato su per le rocce del Partenio, dall'altro giù per i dirupi del monte Arciano.
I repubblicani furono avvistati verso l'una pomeridiana: era la colonna campana del generale Spanò, in ritirata. Questi, accortosi della presenza dei realisti, fece sparare a mitraglia contro la selva ma, sul limitare del ponte, la retroguardia della colonna venne investita da un vivo fuoco di moschetteria. Molti militi rimasero uccisi, altri furono fatti prigionieri, mentre lo Spanò con il resto della colonna si spinse in avanti riuscendo ad aprirsi un varco verso Mugnano. Ma i realisti, abbandonata la selva del Maisone, passando per sentieri interni, sorpassarono la colonna e l'affrontarono all'altezza del rione Archi, sul ponte Figlioline abbattendo parecchi altri militi. Il ponte, però, non potè essere tenuto a lungo e lo Spanò, scioccamente, invece di procedere celermente sulla Via Regia ed uscire definitivamente da una posizione indifendibile e da un territorio totalmente ostile, invase Mugnano per operare una rappresaglia. Con la minaccia delle artiglierie fece zittire le campane che da tempo suonavano incessantemente e poi puntò i cannoni contro la popolazione inerme che, impaurita dalla battaglia si era rifugiata sulle colline.
Mentre i repubblicani si attardavano in paese, arrivò una multitudine di profughi da Mercogliano, Sanseverino e Montoro, carichi di armi e munizioni che distribuirono ai Mugnanesi. Questi si riorganizzarono. Una parte piombò sull'abitato per bersagliare i repubblicani, un'altra parte andò ad appostarsi sulla Via Regia al Ponticello del Cardinale, al riparo di siepi e dei muri della Starza.
Sotto il forte attacco dei realisti, la colonna campana dello Spanò, ridotta alla metà degli effettivi, fu costretto a sgombrare l'abitato e a battere in ritirata. Ma all'altezza del Ponticello del Cardinale, dove nel frattempo erano arrivati anche i realisti di Baiano guidati dai sacerdoti Don Carmine Napolitano e Don Pietro Foglia, i militi repubblicani si trovarono circondati e furono colpiti da tutte le parti. Molti di essi trovarono la morte in questa terza fase della battaglia che rappresentò lo scempio più grande; altri furono fatti prigionieri. Solo il generale Spanò, ferito al fianco e alla tibia, riuscì con pochi uomini a fuggire per il torrente Fontanavecchia e si trascinò travestito fino a Napoli. Dopo cinque ore di combattimento la colonna campana aveva cessato materialmente di esistere come unità combattente.
(Notizie storiche ricercate in testi di Gabriele De Rosa, Pietro Colletta, Benedetto Maresca, Saverio Bisesti e di Antonio Silanos)
Il testo è stato pubblicato il 22 ed il 29.9.1996 su <>, Anno III, Numeri 22 e 23.