(Baiano, 30 giugno 1917 * 29 dicembre 2013)
Ha scritto:
“Il ricordo del patriota Domenico Geremia Foglia”, Editrice L’Arca, Avella, 2011.
“Trame antifrancesi a Baiano nel 1807. Annibale Picciocchi e il Sac. Nicola Picciocchi”, coautore Domenico D’Andrea, Arte Tipografica Editrice, Napoli, 2008.
Ha curato il libretto “Inno a Sant’Antonio da Padova”, con testi del 1906 del Comm. Francesco Napoletano, musicati dalla maestra Gina Conte, Baiano, 2006.
Ha pubblicato articoli su tutti i giornali della Bassa Irpinia ed ha avuto una presenza costante sui social moderni con foto, documenti e testimonianze personali.
Ha allestito un ricchissimo archivio fotografico e documentale, che ha sempre messo con molta generosità a disposizione della stampa locale e degli studiosi delle vicende baianesi e che ora è diligentemente custodito dal figlio Biagio.
Così lo presenta il figlio nel libro inedito “Gocce di memoria baianese: personaggi e ricordi” di Silvino Foglia.
«Figlio di Pietrantonio e di Raffaela Masi, è il nono figlio di una famiglia numerosa. Orfano di padre all’età di due anni, affronta con volontà ed orgoglio le difficoltà della vita. Forgiato, come tutti i suoi fratelli e sorelle, dalla forte tempra morale della madre, compie i suoi studi al Liceo Carducci di Nola ed all’Università Federico II di Napoli, dove consegue la laurea in Giurisprudenza. […] Durante la Seconda Guerra Mondiale è ufficiale della Divisione Nembo dei paracadutisti. Terminato il conflitto, transita nei ruoli della Pubblica Sicurezza e propriamente nel corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza. Assegnato alla Questura di Nuoro in Sardegna, rimase in quella sede quattro anni, preposto al comando delle “Squadriglie in Montagna” per la repressione del banditismo sardo. Lasciata con rammarico la Sardegna, venne assegnato, a Foggia, al 17° Reparto Mobile delle Guardie di Pubblica Sicurezza, reparto preposto alla tutela dell’ordine pubblico in varie parti del territorio nazionale, come, tra gli altri, negli eventi del “ritorno di Trieste all’Italia” e della “rivolta di Reggio Calabria capoluogo”. Assegnato infine alla “Scuola Allievi Guardie di Pubblica Sicurezza” di Caserta, terminò in quell’Istituto di istruzione la sua brillante carriera con il grado di Generale delle Guardie di Pubblica Sicurezza. Da sempre legato nel cuore e nella mente alla “sua Baiano” ed ai “suoi baianesi”, decide di rientrare con la famiglia nel suo paese natio il 28 febbraio 1983», dove ha vissuto l’ultimo periodo della sua vita.
È stato lo storico capitano della squadra di calcio locale dell’A.C. Baiano che raggiunse i suoi massimi risultati sportivi nel dopoguerra.
È stato, inoltre, un autorevole punto di riferimento per l’intera comunità del Mandamento Baianese grazie al suo poderoso archivio storico, dove è possibile rintracciare tutte le notizie mandamentali del secolo scorso e di quello precedente e da cui è stato possibile ricostruire la storia di diversi personaggi dell’area del Baianese.
Presenza attiva e importante a Baiano negli eventi organizzati dalle varie associazioni, da quelle sportive a quelle culturali.
Si adoperò per la ristrutturazione della cappella di S. Giacomo, gravemente danneggiata dagli eventi sismici del 1980-81. Con l’aiuto di un gruppo di volontari del quartiere raccolse una somma di denaro che, unita al contributo ricevuto dal Comune, in data 3 febbraio 1987 si riuscì a portare a termine l’opera di risanamento nel migliore dei modi e con soddisfazione da parte dell’intera cittadinanza dei “Vesuni”.
Nel 2007 fu chiamato a presiedere il Comitato d’onore costituito per sostenere le spese per la realizzazione dell’affresco che il pittore Luigi Falco di Avella realizzò nel centro storico di Baiano nello slargo chiamato “Catafalco” e che fu inaugurato la sera del 28 settembre.
Dal suo archivio ho attinto alcuni racconti-testimonianze dalla trama semplice, ma fedele specchio di un’epoca passata.
«La zappa: attrezzo antico del contadino, silenzioso artista della terra, considerata ormai elemento di vita passata.
Il contadino curava la terra, ove si raccoglieva di tutto, grano, granturco, fagioli, insalata, minestra, pomodori, melanzane, peperoni, frutteti di tutte le specie, filari con tralci e grappoli d’uva per la produzione in proprio del vino, coltivazioni di foraggi per alimentare il bestiame: l’asino, il cavallo, la mucca, la pecora, il maiale, la capretta, cani di guardia.
All’inizio della primavera i contadini con la zappa sulle spalle, a piedi, si recavano in campagna per i lavori di semina e potatura. Chi aveva un appezzamento di modeste dimensioni e familiari a carico di ambo i sessi provvedeva al lavoro duro e pesante dal sorgere del sole al tramonto.
Il contadino proprietario o affittuario che aveva ettari da zappare e non avendo sufficiente aiuto in famiglia, reclutava giovani zappatori da Cimitile, Saviano, Marigliano, lavoratori con bracce gagliarde, con zappe rettangolari, pesanti, dimensioni 40x30.
Nella parte più riparata del terreno il contadino si costruiva la “casarcia” per ripararsi dalla pioggia, per riposare, per tenere attrezzi o prodotti raccolti. Veniva impiantata con grossi tronchi d’alberi ai quattro lati e sul tetto altrettanti tronchi d’albero però più fini, il tutto lateralmente e sopra il tetto veniva rivestito con fusti robusti di granturco, frammisti sopra il tetto da “sarcinielli” ben confezionati e stretti con legami vegetali.
Pagliaio invece era la capanna dove veniva depositata la paglia, sostenuto da pertiche.»
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«Un ricordo della mia infanzia trascorso nella masseria di [Angelo] Antonio Montella.
Estate, sotto il chiaro di luna, in comitiva sull’ampia aia cantando, scherzando ed evocando racconti del passato, arrivano le spighe di granturco da “sberzare”, mentre gli uomini in un angolo dell’aia a sgranare, a battere le pannocchie con i “vavilli” (pertica lunga con un maglio terminale tenuto con anelli di cuoio). Era una festa al naturale, campagnola, semplice, genuina, dava tanta allegria e spensieratezza in noi fanciulli.
La masseria allora, tenuta con cura da Antonio Montella era di Don Vincenzo Napolitano, del fu Francesco, ora l’abitazione, le vaste e profonde cantine, l’aia, le stalle, il pagliaio, il fienile, il frutteto con alberi di frutta varia e saporosa, non ci sono più, tutto è stato distrutto, è rimasto il terreno con abitazione propria degli eredi del notaio Colucci.»
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«Quando si era poveri, ma ricchi di fantasia.
Il centro d’incontro e di aggregazione sociale era il rione in cui si abitava. Il mio era il “Largo Picciocchi” attraversato allora come oggi da via S. Giacomo, a Subaiano, così chiamato in tempi lontani. I giocattoli non esistevano, si disponeva di qualche manufatto artigianale con cui si giocava. Sul filo della memoria cito alcuni col solo titolo: ‘o chirchio ‘e fierre, ‘o strummulo, ‘a mazze e piuze, ‘e formelle, ‘o carruocciolo, ‘a cometa e tanti altri. Praticavo, altresì, il gioco della fionda, “a sionna”, per lanciare le pietre e colpire un obbiettivo a una certa distanza, un gioco un po’ pericoloso. Anche oggi questo attrezzo (un intreccio di cordami ) è stato usato dai ragazzi palestinesi. Noi, invece, andavamo sul letto del nostro “Sciumminaro”, dove avevamo a disposizione pietre e spazio per i nostri lanci di lunga gittata. A volte capitava di fare qualche gara (‘a petriata) con i ragazzi di Mugnano del Cardinale. Al termine ci scappava, non sempre, qualche contuso o ferito alla testa da entrambi le parti.
Venne poi l’era del pallone e campi di gioco erano il “Largo Picciocchi”, ora ridotto nelle dimensioni dagli eredi di Domenico Aniceto Colucci, ed il “fosso del cimitero”, corrispondente all’attuale rettangolo sopraelevato del cimitero, con il muro di cinta sulla Nazionale. Le palle di pezza prima, poi le palle di gomma, in ultimo il pallone di cuoio numero uno, formato piccolo, costituivano l’elemento base delle nostre partite, gare senza regole, senza orario, senza schemi, buttare la palla in avanti verso la porta avversaria, le cui misure erano indicate da due pietre.
Oggi i piccoli praticano tanti, tantissimi giochi di natura e composizioni varie, intelligenti, costosi, tutto predominio della tecnologia moderna, ma mi pongo una domanda-riflessione: I piccoli di oggi, adulti maturi domani, come ricorderanno la loro fanciullezza?
Chi scrive, avanti negli anni, porta dolcemente soddisfatto e contento “in core” le figure dei suoi giochi, pur riconoscendo la pochezza e la povertà dei mezzi di tanti anni fa.»
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«In uno sgabuzzino o stanzino o nell’atrio di un cortile in comune si creava l’ambiente per i bisogni personali: una buca profonda ed estesa nel suolo, un muretto in superficie con una o due aperture cilindriche, sopra una tavoletta rettangolare fissata al muro con taglio circolare in corrispondenza del buco. Fatti i bisogni un coperchio di legno copriva l’apertura. Altri luoghi di decenza, improvvisamente chiamati (sic!) la stalla, la cupa del quartiere, l’aperta campagna.
I vasi del Water-Closed giunsero in paese ai primi anni del ‘900.»
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Gli amici
«Ricordo tutti gli amici del rione con le loro generalità e con le loro immagini viventi […]. Ne cito uno in particolare: Schettino Salvatore, “O Sangennaro” nato e vissuto giù a Subaiano; sin da piccolo manifestò una vocazione canora che lo distingueva fra tutti, quando nel periodo estivo alla sera si ritirava a casa e cantava, cantava con giusta tonalità ed un bel timbro di voce. Voglio a questo punto ricordare la sfortunata fine di questo mio compagno.
Venne la guerra 1940-45, chiamato alle armi Salvatore per le sue precarie condizioni fisiche (i genitori con 5 figli vivevano in un unico basso) venne assegnato al servizio sedentario e destinato al 40° RGT Fanteria a Napoli. Veniva saltuariamente in permesso a trovare i suoi a Baiano e non mancava mai di dare sfogo alla sua passione, il canto, le canzoni in voga di quel tempo e con diletto da parte di tutti gli abitanti di via San Giacomo. Salvatore soldato si soffermava col suo canto, di frequente, sotto l’abitazione di una ragazza, Francesca, forse la sua morosa. Fatto sta che un componente della famiglia di questa sua probabile morosa reclamò presso i carabinieri asserendo che Salvatore con le sue canzoni alla sera disturbava la quiete pubblica e che tale inconveniente doveva essere ovviato. I carabinieri segnalarono il caso al comando militare di Napoli e Salvatore per punizione venne sbattuto al fronte in Africa settentrionale, pur essendo stato dichiarato dall’autorità medica militare non idoneo alle forze operanti in zone di guerra.
Salvatore partì, diede alla mamma Angela poche notizie, poi più nulla, mai si è saputo come ebbe fine la giovane vita di Salvatore e l’autorità militare italiana lo diede per disperso. Strana tragica vicenda umana di Salvatore Schettino.»
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«La quaresima
Ricordo il rito folcloristico che si svolgeva, tempi lontani, in molte zone rurali del napoletano e dell’avellinese-baianese ove campeggiava nelle strade il fantoccio di una vecchia. In passato poiché le ritualità religiose prescrivevano per tutto il periodo della quaresima sacrifici e digiuno, si pensò bene di conteggiare il trascorrere di quel periodo di magra attraverso una vecchietta che esprimesse un messaggio ben definito: astenersi dall’alimentazione a base di carne a tutti i livelli.
Dal mercoledì delle ceneri fino al giovedì santo, i quaranta giorni della quaresima partecipavo con tutti i ragazzi del suggestivo nostro centro storico dei “Vesuni”, tra risate e manifestazioni di scherno, all’insolito protagonismo di una vecchia confezionata con stoffa di colore scuro appesa con un filo metallico dall’estremo della finestra del sarto Stefano Masi a quella di Antonio Guerriero, “o taccone”, un dieci metri di sito distante dalla cappella di San Giacomo Apostolo. Rappresentava la quaresima: nella parte inferiore c’era una patata sostituita talvolta da un’arancia o da una mela recante tante piume di gallina, sette, quante sono le settimane fino a Pasqua, ogni sette giorni una di esse veniva strappata fino a lasciare il fantoccio del tutto privo a metà della settimana Santa.
Una tradizione, un’usanza scomparsa da tempo, all’apparenza semplice, futile, priva di valore, ma in realtà complessa e pregnante che si collegava nell’ambiguo crinale tra sacro e profano, religione e magia, il trionfo della Quaresima-Digiuno che ritroviamo nella Bibbia: “il digiuno è sciogliere le categorie inique, rimandare liberi gli oppressi, dividere il pane con l’affamato”»
«Don Aniello Sales, parroco della chiesa dei Santi Apostoli di Baiano amava passeggiare e respirare l’aria pura della campagna. Meta preferita delle sue passeggiate era Fontana Vecchia, un terreno con una piccola fonte d’acqua sorgiva, che gli apparteneva. Gli aveva lasciato quel fondo in eredità un suo zio, un certo Nicola Masucci, che era stato un commerciante di bovini e che con quel commercio si era arricchito. Tra le altre cose aveva comprato anche quel terreno. Queste cose me le raccontava mia madre, che era di Baiano. E mi raccontava ancora che Nicola Masucci con le donne era stato un grande peccatore. Ne aveva commesse di tutti i colori. Diventato vecchio, una notte vide in sogno la Madonna che gli disse che lo perdonava per quella che era stata la sua vita passata. Come voto di ringraziamento, in quel terreno, che dista un paio di chilometri da Baiano, aveva fatto costruire una chiesetta dedicata alla Vergine, e, attiguo a quella chiesetta, un caseggiato di tre o quattro stanze. Poi col terremoto del 23 novembre 1980 tutto è crollato. Soltanto la chiesetta, anch’essa rovinata, resta ancora in piedi.» (Dalla terza appendice “Ricordo del parroco Sales” al libro “Trame antifrancesi a Baiano nel 1807” di Domenico D’Andrea e Silvino Foglia, pag. 85)
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Il professore Gianni Amodeo, giornalista, così scrive di lui.
«Silvino Foglia, espressione di una delle più antiche famiglie di Baiano […] nella casa familiare in via San Giacomo, nel suo laboratorio-studio di cultore di storia locale era solito accogliere amici e conoscenti, a cui dispensava con dovizia i dati conoscitivi sulle realtà sociali del territorio dal compimento dell’Unità politica nazionale ad oggi, ponendo a loro disposizione anche importanti documenti ed atti […] per esaustive analisi sulle vicende politiche ed amministrative dell’area, con particolare rilievo per Baiano. Un archivio eccezionale che “don” Silvino curava con buon metodo di classificazione e nei dettagli minimi. Un archivio, con ricco corredo fotografico, di cui una sezione è costituita dalla raccolta delle cronache che, sulle pagine del Roma e del Mattino, del Corriere dello Sport e dei settimanali Sport Sud e Sport, raccontano fino agli anni ’70 del secolo scorso le partite del “suo” Baiano–calcio, che visse splendide “stagioni” nell’ante-guerra e nel secondo dopo-guerra mondiale. […] connotate dal gemellaggio che il “Cerbiatto” intrecciò con il Napoli. […] Una calda passione che si manifestava alla grande sugli spalti del Vomero, l’allora campo di gioco degli “azzurri”. E, naturalmente, la città partenopea si raggiungeva con i “trenini” della Circumvesuviana, dopo circa due ore di viaggio sfibranti e faticose. Ma il “tifo” non conosce ostacoli né sacrifici da evitare. Il gemellaggio si traduceva nella visita che il Napoli rendeva al Baiano per l’amichevole d’obbligo al “Bellofatto” a settembre. Un’occasione di grande festa popolare per lo sport e per il calcio, con il campo di gioco delimitato da semplici staccionate in legno, “all’inglese”. “Don” Silvino di quelle “stagioni” è stato l’animatore e ispiratore, il “Capitano” per eccellenza dei “granata”, da tenace ed invalicabile centro-mediano di sostegno in campo. Un “Capitano”, ma soprattutto un amante della cultura sportiva come stile di vita. […] cura meticolosa del corredo d’abbigliamento atletico in dotazione, nonché la costante pulizia degli scarpini da gioco e la tenuta in buono stato dei palloni di cuoio, con allacciatura in corda e da rendere… morbidi con adeguati trattamenti di grasso. Non era ammessa nessuna trasandatezza o sciatteria. E poi c’erano le regole che i “granata” della prima squadra e delle “giovanili” dovevano seguire in allenamento e in partita. Sport come palestra educativa e da coniugare con lo studio e il lavoro.»
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Per ricordare la sua memoria, ogni anno si svolge presso lo Stadio “Bellofatto” di Baiano il “Memorial Silvino Foglia”, un’iniziativa fortemente voluta dal figlio Biagio e dalla sua famiglia. Con la collaborazione dell’A.C. Baiano viene organizzato un mini-torneo calcistico tra squadre composte da “vecchie glorie” che, nel passato più o meno recente, hanno indossato la maglia dell’A.C. Baiano.
Il “manifesto” della celebrazione è rappresentato da alcuni brani del pensiero di Silvino Foglia, riguardanti l’A.C. Baiano, che sintetizzano lo spirito sportivo, il sano agonismo e l’attaccamento alla squadra che hanno contraddistinto l’epoca della sua partecipazione attiva alle vicende calcistiche del paese natio e che di seguito si riportano integralmente:
“ … un vero sacro fuoco riscaldava i nostri muscoli; la foga, l'entusiasmo, il piacere, l'amore della vittoria era il nostro massimo scopo. In noi tutti c'era lo spirito di bandiera, c'era una casacca da onorare e da difendere su tutti i campi dei nostri avversari che, per mole, possibilità economiche, popolazione, passato calcistico, ci sovrastavano di gran lunga. Portavamo sempre nella nostra mente, sulle nostre labbra un solo nome: Baiano, sempre Baiano, avanti Baiano, senza nulla chiedere, senza nulla pretendere. Era questo il nostro clima, il nostro tempo libero, la nostra felicissima ed esaltante gioventù calcistica baianese. L’A.C Baiano è sempre stato una grande e straordinaria palestra di formazione e di incontro sociale e deve essere motivo di orgoglio e patrimonio comune di tutta la nostra comunità, senza distinzione alcuna… ”.
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Come già detto, dal 1992 al 2010 è stato uno dei più assidui collaboratori dei periodici locali.
Pubblicò i seguenti articoli su “La voce della Bassa Irpinia e dell’Agro Nolano”:
Un viaggio del 1752 da un manoscritto della famiglia Foglia (n.1/1992)
Cronaca di sofferenza e di sacrifici nel baianese -Siccità nel 1779 (n.9/1992)
La morte del giovane scolaro Aniello Picciocchi. (n.13/1992)
Per un monumento a Francesco De Sanctis -Nota di cronaca del 1905 (5 articoli tra 1993 e 1994)
“Spigolando” dal libro di memorie (XVII-XVIII sec. di D. Pietro Foglia) - (nn.4-9-16/1993; n.8/1994)
L’opera di don Raffaele Masi: 1917- 1927 (n.13/1993)
Nel centenario di Santa Filomena (n.3/1994)
Leone XIII e la diocesi di Nola (n.10/1994)
Le campane della chiesa di Santa Croce (n.15/1994).
Pubblicò in seguito altri articoli su “Il Meridiano”:
Carlo III e Carasale (Come nacque il San Carlo a Napoli) (n.1/1995)
Bozzetti di fanciullezza (Quando si era poveri, ma ricchi di fantasia) (n.4/1995)
Anni ’30: Festa dell’uva (n.4/1995)
La mappa della vita socio-economica e produttiva nel comprensorio di Avella nel 1754 (n.4/1995)
Gilda Mignonette, la “Regina degli emigranti”, messaggera della canone napoletana in America (n.5/1995)
C’era una volta …: l’edificio scolastico di Baiano (n.8/1995)
Il missionario padre maestro don Biagio Masi (n 9/1995)
Luigi Bellofatto “il Capitano” (n.12/1995)
La ferrovia Napoli – Nola – Baiano (n.1/1996)
La festa di Santo Stefano a Baiano (n.4/1996)
Le impressioni di un baianese in vacanza sulla Costa Azzurra (n.6/1996)
Giovani esploratori baianesi (n.7/1996)
C’era una volta …: la banda musicale di Baiano (n.10/1996)
1799: Realisti del baianese contro Repubblicani (n.10/1996)
Il giro delle Quattro Province (n.3/1997)
Francesco Napoletano: dall’attività forense alla vita politica (n.9/1997)
La mia scuola elementare (n.11/1997)
Il Lawrence d’Italia (n.7, n.10/2000)
La nostra scuola elementare, la fontana, la ferrovia (n.11/2000)
La politica baianese di fine ‘800 (n.3, n.4/2001)
La politica baianese di fine ‘800: il comizio elettorale a Mugnano (n.6/2002)
La tragica vicenda del sottotenente “Mino” Colucci (n.10/2002)
La storia della chiesetta della “Cupa di Sirignano” (n.7/2004)
Tributi anno 1775: Una controversia tra Avella e i Casali (n.3/2005)
Domenico Barbarisi: uno dei soldati caduti a Cefalonia (n.4/2005)
Il tabernacolo dell’Immacolata Concezione (n.7/2005)
“Franceschino” Montuori, bandiera del Calcio Baiano, non c’è più (n.7/2005)
Un religioso baianese al Cenobio di San Pietro a Cesarano (n.9/2005)
Francesco “Ciccio” Picciocchi, bandiera del Calcio Baiano, non c’è più (n.10/2005)
Luigi Napolitano, bandiera del Calcio Baiano, non c’è più (n.2/2006)
L’esportatore Stefano Litto: 1870 -1948 (n.4/2006)
Il sarto Stefano Catapano (n.5/2006)
Un saggio di Pasquale Stanislao Mancini (n.6/2006)
L’addio di Davide Borrelli ad Emanuele Napoletano (n.7/2006)
Acierno Antonio, “Nduniuccio o’ tenente”: l’ufficiale e l’ingegnoso meccanico baianese (n.8/2006)
Stefano Colucci: il giornalista, l’avvocato, l’ufficiale, il poeta, il magistrato (n.10/2006)
Anno 1951/1952: il Baiano “Strapaesano” pareggia sul campo aversano (n.10/2006)
Nascita del Natale Baianese (n.11/2006)
Stefano Fiordellisi, “o’ russo”, bandiera del Calcio Baiano, non c’è più (n.1/2007)
Giuseppe Lippiello: l’avvocato, il sindaco, il podestà, l’amministratore (n.1/2007)
Il ritorno di don Annibale Picciocchi a Subaiano (n.2/2007)
La gioventù baianese del 1925 (n.3/2007)
Il patriota Domenico Geremia Foglia (n.4/2007)
Storia del Circolo Sociale di Baiano (n.5/2007)
Anno 1768: “Supplica dei cittadini di Avella, abitanti nella terra di Baiano (n.8/2007)
C’era una volta … : Fontana Vecchia (n.10/2007)
Emanuele Kemps: un fotografo dilettante nella Baiano del primo ‘800 (n.11/2007)
Stefano Sgambati: un baianese alla prima edizione del circuito automobilistico “Principe di Piemonte” (n.9/2008)
Il mitico ciclista Ottavio Bottecchia: 1894 – 1927 (n.2/2009)
4 agosto 1924: Il giro ciclistico del Mandamento (n.8/2009; n.2/2010)
3 agosto 1924: La processione di Santo Stefano (n.11/2009.
Non fece mancare neppure la sua presenza sui siti d’informazione locale online, quali “Mandamento Notizie” e “Bassa Irpinia”
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Da ricordare infine i suoi numerosi discorsi in occasione di importanti manifestazioni pubbliche commemorative, quali: inaugurazione del Circolo Sociale nel 2005 e del “murales” dell’artista Luigi Falco nel rione “Visuni” nel 2007; commemorazione di Domenico Geremia Foglia nel 2011; celebrazioni per il restauro della statua di San Giacomo nel 2008; celebrazioni in occasione di un “Memorial Antonio Petrillo” e di un “Natale Baianese”; ma soprattutto in occasione delle celebrazioni dell’anniversario della Vittoria del 4 Novembre, nella piazza Francesco Napoletano di Baiano, dal 1984 al 2011: una vera e propria “costante”.
Tante altre cose si potrebbero scrivere per delineare la biografia di “don Silvino”, ma questo mio lavoro non mi consente di dedicargli altro spazio. Rinvio l’approfondimento della sua figura ad una prossima pubblicazione dei suoi lavori.