(Baiano, 25 marzo 1923 * Avellino, 1 agosto 2018)
Stefano Vetrano nacque nei Vesuni, il centro antico di Baiano, da Giuseppe, un attivo e stimato commerciante di legname, e da Maria Mattia Masucci. Primogenito di otto figli.
All’età di 14 anni fondò il circolo “Argentovivo”, che si dedicava alla lettura dei giornaletti pubblicati in quel periodo.
Dopo le medie, studiò presso l’Istituto “A. Manzoni”, ubicato nello storico edificio di San Pietro a Cesarano di Mugnano del Cardinale, frequentando le due classi del ginnasio e le prime due del liceo, per trasferirsi poi all’Istituto “Jacopo Sannazzaro” di Napoli per il terzo liceo.
Ebbe il desiderio di imparare a suonare la fisarmonica e per quattro mesi prese lezioni presso un maestro di musica che abitava in piazza Carlo III a Napoli. Fondò allora un complesso musicale con alcuni amici e si esibirono sia nel cinema Sarno sia nella casa dell’Eca di Baiano.
Come tutti i giovani durante l’epoca fascista, praticò l’attività ginnica, mostrando spiccate doti nel salto in alto e nei cento metri piani. Partecipò ai saggi ginnici che si svolsero a Mugnano e a Baiano; gareggiò allo stadio Collana al Vomero e prese parte a diverse gare nazionali a Firenze, Torino e Milano.
Nel 1942 si iscrisse alla Facoltà di chimica presso l’Università Federico II di Napoli e scelse l’indirizzo di Chimica industriale.
Nell’ottobre 1943 si iscrisse alla federazione comunista di Napoli e, successivamente, insieme con l’amico Angelo Antonio De Gennaro fondò la prima sezione comunista a Baiano, impegnandosi con tutte le forze per la diffusione delle idee di sinistra fra le masse popolari, con lo sconcerto dei suoi compaesani, meravigliati della sua scelta politica, in quanto apparteneva ad una famiglia agiata.
L’8 aprile 1946, con l’avvento della Repubblica, a 23 anni venne eletto nel Consiglio comunale di Baiano per la minoranza, facendone parte sino al 1994, con una parentesi di tre anni dal 1970 al 1972, quando il partito gli chiese di candidarsi al comune di Montella.
Negli anni 1952 e 1956 contribuì alla vittorie amministrative con la lista della “Rinascita” e negli anni 1960 e 1965 con quella della “Tromba”.
Per undici anni dal 1972 al 1983 ricoprì il ruolo di Sindaco.
«La nostra Amministrazione comunale si caratterizzò, in quel periodo, per l’abolizione della tassa sui cani, per una giusta ed equa imposizione fiscale che riuscì ad esonerare dal pagamento dell’imposta di famiglia almeno i due terzi degli iscritti nei ruoli esattoriali compilati dalla gestione amministrativa della Dc e dai commissari prefettizi negli anni dal 1946 al 1952» dichiarò Vetrano nell’intervista di Paolo Speranza nel 2003. «Riuscimmo in quel periodo a risolvere il problema della viabilità rurale attraverso la costruzione di strade interpoderali e la strada comunale per raggiungere tutte le sezioni del Bosco Arciano, i cui tagli del materiale legnoso costituivano una fonte di reddito e una cospicua entrata patrimoniale per le casse comunali. In quello stesso periodo riuscimmo ad ottenere i fondi per costruire il nuovo edificio scolastico per gli alunni delle elementari e l’edificio per gli alunni della scuola media. Altra attività di rilievo fu l’approvvigionamento idrico, attraverso la captazione di alcune sorgenti idriche nella zona dei monti di Avella, per potenziare la capacità del nostro serbatoio idrico della zona del Fusaro.»
Nel 1946 partecipò attivamente alla campagna elettorale del 2 giugno per la Repubblica e per l’Assemblea Costituente e accompagnò in Irpinia il generale Umberto Nobile candidato alla Camera dei Deputati. E fu appunto nel 1946 che conobbe Giorgio Amendola, capolista del Pci alla Camera nella circoscrizione elettorale Benevento-Avellino-Salerno, che gli consigliò prima di laurearsi e poi di immergersi nella politica come scelta di vita.
Laureato nel 1948, la sua tesi attirò l’attenzione del console sovietico a Napoli, che gli chiese di continuare gli studi in URSS e ne mandò una copia a Molotov, Ministro degli esteri sovietico. Fu Giorgio Amendola a fermare il suo viaggio.
Tra l’ottobre del ’49 e l’aprile del ’50 fu chiamato ad insegnare Scienze naturali nel liceo parificato “A. Manzoni” di Mugnano del Cardinale, gestito all’epoca dall’amministrazione comunale democristiana. Ma fu licenziato per aver organizzato nel Baianese gli scioperi di protesta in segno di solidarietà per i tre giovani contadini uccisi dalla polizia mentre occupavano pacificamente le terre incolte di Melissa, in Calabria.
Certamente dal 1946 al 1948 fu il corrispondente dal Baianese del quotidiano “La Voce” durante la vice-direzione di Pietro Amendola.
Dopo la sconfitta del Fronte Democratico Popolare del 18 aprile 1948, entrò nel “Comitato per la Rinascita del Mezzogiorno”, costituito su iniziativa di Giorgio Amendola.
Nel 1949 fu tra i militanti più attivi del Movimento dei Partigiani della Pace e partecipò come delegato al primo congresso mondiale del Movimento che si tenne a Parigi nel mese di aprile. Ebbe modo così “di conoscere da vicino grandi artisti, letterati, poeti ed uomini politici, come Pablo Picasso, il poeta sovietico Ilja Ehrenburg, i poeti francesi Paul Eluard e Luis Aragon. In treno viaggiò con il grande scienziato Renato Caccioppoli, una gloria dell’Università di Napoli e della matematica italiana”. (p 120).
Nell’autunno del 1949, su iniziativa di Giorgio Amendola contribuì ad organizzare il cosiddetto sciopero “a rovescio”, in seguito alla terribile alluvione che nel Vallo di Lauro ruppe gli argini dei Regi Lagni, allagando i nocelleti. Per circa quaranta giorni più di 1.500 persone eseguirono volontariamente lavori di pubblica utilità per la pulizia e l’espurgo del canalone e dei lagni, per poi rivendicare il compenso delle giornate di lavoro prestate. Fu un grande momento di solidarietà e di coscienza civica.
Dal 1949 al 1957 fu il Presidente dell’Unione dell’Associazioni dei contadini della provincia di Avellino. Una delle iniziative più eclatanti fu l’occupazione delle terre incolte in alta Irpinia. Ma le lotte continuarono per decenni in tutta la provincia contro i privilegi feudali dei proprietari terrieri, fino al 1970, allorquando, grazie ad una lunga battaglia parlamentare che lo vide in prima fila, i contadini riuscirono ad avere dei contratti giusti, con garanzie e vantaggi definitivi.
Nel 1951 entrò a far parte dell’Acmi (Associazione Contadini del Mezzogiorno d’Italia) ed insieme con altri giovani intellettuali si dedicò ad organizzare con entusiasmo e passione la lotta per la rinascita del Mezzogiorno e per far rispettare i diritti e la dignità dei deboli e degli oppressi. Fu uno dei protagonisti più attivi nella provincia di Avellino. “Egli aveva la parola facile e riusciva sempre convincente. I non pochi ostacoli che si incontravano spesso nell’azione non rappresentavano mai per lui motivo di scoramento, anzi lo spingevano a raddoppiare gli sforzi personali per superarli. Il suo carattere cordiale, il sorriso accattivante, la disponibilità a fare amicizia, gli permettevano di trovarsi sempre a proprio agio in tutte le situazioni, anche le più difficili.” (Giuseppe Avolio, p. 45)
Il 26 maggio 1952 fu eletto Consigliere provinciale e rimase a Palazzo Caracciolo in qualità di capogruppo del Pci per ben quattro mandati fino al settembre 1968, quando fu eletto alla Camera dei Deputati.
Una delle prime e più importanti iniziative intraprese dal gruppo consiliare del Pci fu quella per l’approvvigionamento idrico in Alta Irpinia, in quanto quasi tutti i comuni attingevano l’acqua dai pozzi. In seguito alle lotte intraprese, il Consiglio di amministrazione dell’Acquedotto Pugliese deliberò la costruzione della rete dell’acquedotto in tutti i comuni dell’Alta Irpinia. Successivamente si costituì il Consorzio Idrico Interprovinciale dell’Alto Calore e la relativa rete degli acquedotti in tutti gli altri comuni dell’Irpinia. Nello stesso periodo, dando seguito alle iniziative di lotta dei braccianti e dei contadini si riuscì ad ottenere dal Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste l’istituzione ad Avellino della sezione irpina dell’ente di Irrigazione Apulo-Lucano.
Un altro successo fu l’iniziativa, sostenuta dai partiti politici popolari e dalle organizzazioni sindacali, per completare l’ospedale civile di Avellino di viale Italia, che dal 1936 (quando fu posta la prima pietra) al 1956 era rimasto un vecchio rudere.
Nello stesso periodo il gruppo consiliare dava battaglia per la costruzione degli ospedali di Ariano Irpino, Bisaccia e Sant’Angelo dei Lombardi, che furono edificati coi fondi della Cassa per il Mezzogiorno.
Durante la quarta consiliatura, 1964-1968, fu autorevole e attivo componente del Consorzio Provinciale per l’Istruzione Tecnica e Professionale, come ricorda l’on. Gerardo Bianco che ne era Presidente. L’obiettivo era la diffusione del sistema scolastico in Irpinia, basata su una programmazione razionale nel medio e lungo periodo.
Nel luglio del 1957, in occasione del festival mondiale della gioventù, con altri quattro amici di Avellino, andò a Mosca, dove assistette alla straordinaria parata militare allo stadio Lenin e al discorso del Segretario del Pcus Nikita Kruscev.
Dopo essere stato al vertice dell’Acmi e dell’Udagri, nel 1957 fu eletto segretario della CGIL di Avellino e da quel momento, accanto alle iniziative per la riforma dei contratti agrari, cominciò ad agire in altri settori di azione della classe operaia, per undici anni fino al 1968, quando fu eletto alla Camera dei Deputati. Contemporaneamente ricopriva la carica di consigliere e poi di capogruppo del Pci nel Consiglio provinciale di Avellino, risultando protagonista di battaglie per lo sviluppo e il riscatto dell’Irpinia dai banchi dell’opposizione, in quanto agì in uno spirito costruttivo e di confronto con la maggioranza al fine di sostenere le ragioni dei ceti popolari e delle classi più umili e promuovere fattori di progresso.
Si interessò «di agricoltura, terre, condizioni del bracciantato», scrive di lui il senatore Nicola Mancino, «mettendosi alla testa di un movimento di liberazione dalle condizioni vessatorie a danno di agricoltori della sua terra (Baiano e il suo Mandamento), via via facendo crescere il proprio impegno a difesa delle buone ragioni di coloni, mezzadri e braccianti dell’intera provincia. […] facendo emergere una vocazione mediatrice, pur in conflitti aspri e duri che lo vedevano in prima fila, da serio, e anche temuto, oppositore».
Tra le lotte operaie più significative che lo videro impegnato in prima persona vanno ricordate la vertenza lunga e difficile dei minatori delle miniere di zolfo della Saim di Altavilla Irpina e della Di Marzo di Tufo, e le vittoriose battaglie sindacali condotte a favore delle conserviere del Baianese (le lavoratrici delle aziende per la lavorazione e la solforazione delle ciliegie e per la lavorazione delle carni insaccate), dei lavoratori edili dell’Avellinese e degli operai delle concerie di Solofra. (N.d.A: Per aver promosso giornate di sciopero per denunciare lo sfruttamento del lavoro subito dalle operaie del Baianese, venne denunciato dai Carabinieri di Baiano e di Avella con l’imputazione di “istigatore allo sciopero” e per “aver promosso radunate sediziose e blocchi stradali”. Sempre assolto poi per tali tipi di reati.)
Lo sciopero del marzo 1948 a difesa dei minatori di Tufo fu il “battesimo del fuoco” della sua futura e lunga attività sindacale. Imponente e lunghissimo, durò 40 giorni, con il risultato di migliorare le condizioni e l’orario di lavoro, di ottenere benefici salariali e di convincere i padroni ad investire nelle nuove tecnologie per migliorare l’attività estrattiva.
Il suo impegno sindacale era rivolto al rispetto delle leggi previdenziali e delle tariffe salariali previste dai contratti, purtroppo violate largamente dal padronato con il ricatto del licenziamento. Molto dura e difficile fu la battaglia per l’abolizione delle cosiddette “gabbie salariali”, che stabilivano per i lavoratori dell’Italia meridionale retribuzioni inferiori a quelle vigenti nelle regioni settentrionali, con la vergognosa giustificazione del minor costo della vita al sud. Fu alla testa di cortei e di manifestazioni operaie ed il 12 febbraio 1969, ormai già Deputato al Parlamento, partecipò allo sciopero nazionale organizzato dai sindacati confederali Cgil, Cisl e Uil per la loro abolizione, come segno tangibile della sua vocazione a difesa e ad elevazione della classe lavoratrice.
Nel settembre 1962 accompagnò Pietro Amendola nei comuni terremotati del Beneventano e dell’Avellinese e gli diede un prezioso contributo per la formulazione e l’approvazione della legge n. 1431/62 “Provvedimenti per la ricostruzione e la rinascita delle zone colpite dal terremoto dell’agosto 1962” e, successivamente, nel 1963, della proposta di legge n. 124 che ne recava importanti integrazioni.
Proprio “in occasione dell’approvazione della legge n. 1431/62, guidò una folta e combattiva delegazione di terremotati irpini e sanniti a Montecitorio”, ricordata come la marcia su Roma. Successivamente, “il 21 agosto 1963, ad Ariano Irpino si rese protagonista con migliaia di terremotati di una durissima contestazione dell’allora ministro dei Lavori Pubblici, onorevole Fiorentino Sullo, per i ritardi che si registravano nell’avvio della ricostruzione”. (p 114)
Nel 1968, a quarantacinque anni, a coronamento di una lunga e intensa attività politica, fu eletto Deputato al Parlamento, nella V Legislatura, in carica dal 5 giugno 1968 al 24 maggio 1972. Fu rieletto poi nella VI Legislatura in carica dal 25 maggio 1972 al 4 luglio 1976. In entrambe le Legislature il Presidente della Camera era Sandro Pertini, in seguito eletto Presidente della Repubblica dal 9 luglio 1978 al 29 giugno 1985.
«Né era la prima volta che ero stato candidato alla camera», ha dichiarato Vetrano, «la mia prima campagna elettorale risale al 1953, e anche nel 1958 e nel 1963 avevo dato un contributo significativo alla lista del Pci nella circoscrizione elettorale Benevento-Avellino-Salerno» (p.102)
Indescrivibile fu l’affetto e la partecipazione che la comunità di Baiano e del Mandamento gli riservò alla notizia della sua elezione. «Fu una grande festa popolare, che al tempo stesso mi rallegrò e mi commosse», ha dichiarato Vetrano (p 102). «Venni letteralmente circondato dal calore dei miei compaesani, molti mi abbracciavano, qualcuno lanciava persino fiori e confetti dai balconi».
Durante il suo mandato parlamentare sottoscrisse ben 25 disegni di legge e fece sette interventi nell’aula di Montecitorio. Tra i più significativi ricordiamo i seguenti.
“Regolamentazione dei canoni di affitto degli immobili urbani.”
“Norme in favore dei lavoratori alloggiati in abitazione improprie.”
“Disposizioni in materia di edilizia popolare e modifiche all’articolo 4 del regio decreto 25 maggio 1936, n. 1049, concernente la composizione dei consigli di amministrazione degli Istituti autonomi per le case popolari.”
“Passaggio in ruolo di operai stagionali occupati presso le agenzie dei monopoli di Stato.”
“Modifiche ai compiti, all’ordinamento ed alle strutture dell’Istituto superiore di sanità.”
Nel 1970 fu eletto Presidente dell’Associazione per i rapporti culturali e di amicizia tra l’Italia e la Romania, le cui finalità erano quelle di favorire, attraverso iniziative socio-culturali e ricreative, il dialogo e la pace fra i due popoli. A tal fine si recò quattro volte in Romania: nel 1970, nel 1973, nel 1976 e nel 1978, ospitato con la sua famiglia in grandi alberghi, riservati ai dirigenti del comunismo internazionale, nelle località balneari e termali sul Mar Nero e in Transilvania.
Nel 1974 partecipò ad una visita ufficiale in Giappone dell’Unione Interparlamentare. In uno degli incontri ufficiali previsti dal calendario, conobbe anche l’imperatore Hirohito. La visita proseguì poi da Tokio a Hong Kong e in Thailandia.
Terminato il suo mandato parlamentare, nel settembre 1976 il partito lo chiamò come collaboratore politico presso la direzione nazionale, alla sezione Esteri nel palazzo di Botteghe Oscure, dove rimase per quaranta mesi fino a dicembre 1979. Ebbe il compito di assolvere alla funzione di coordinatore delle Associazioni di amicizia con i paesi europei a regime comunista (Bulgaria, Cecoslovacchia, Jugoslavia, Polonia, Repubblica Democratica Tedesca, Romania e Ungheria) ed extra europei (Corea del Nord, Cuba e Vietnam), dopo l’ottimo lavoro svolto come Presidente dell’Associazione per i rapporti culturali con la Romania.
Nel settembre 1977 ebbe l’incarico di curare i rapporti di solidarietà e di amicizia con i dirigenti dei partiti comunisti e dei movimenti democratici dell’Argentina, del Brasile, del Cile, del Messico, dell’Uruguay, ed altri. Due anni di intenso lavoro e tanti incontri con i dirigenti di partito e personalità di grande valore culturale. In particolare, ebbe rapporti assidui e amichevoli con gli Inti Illimani (N.d.A: Il famosissimo gruppo vocale e strumentale cileno nato nell’ambito del movimento della Nueva Canción Chilenae. Costretti all’esilio fino al 1988 in conseguenza del golpe di Pinochet del 1973.) e strinse rapporti di amicizia con Luis Corvalan, l’autorevolissimo segretario del partito comunista cileno, sostenitore di Salvator Allende e tenace oppositore del dittatore Pinochet.
Nella primavera del 1978, in collaborazione con Rodney Arismendi, segretario del partito comunista dell’Uruguay, organizzò una settimana di solidarietà e di sostegno alle forze democratiche dell’Uruguay. La manifestazione si tenne a Venezia ed ebbe come scenari Piazza San Marco e il teatro “La Fenice”. Esuli uruguayani sparsi in tutti i paesi d’Europa e dell’America Latina, personalità politiche, uomini di cultura e tanti altri artisti e professionisti accorsero nella città lagunare il 22 maggio per dar vita alle “Giornate della cultura uruguayana in lotta”. Il tutto si concluse con un grande comizio pubblico in Piazza San Marco e con un grande spettacolo di varietà, il 27 maggio, cui partecipò anche Gigi Proietti.
Nello stesso periodo arrivò a Roma il capo dei Montoneros argentini (N.d.A: Il Movimento Peronista Montonero era un’organizzazione guerrigliera nata con lo scopo di contrastare il governo autoritario della cosiddetta "Revolución Argentina" e favorire il ritorno al potere di Juan Domingo Perón; migliaia di suoi aderenti furono uccisi, arrestati, torturati o divennero desaparecidos), per tenere una riunione di coordinamento di tutti i militanti del movimento esuli in tutta Europa. Su incarico di Enrico Berlinguer, ad accoglierlo fu inviato Vetrano all’aeroporto di Fiumicino, dove il Questore capo della Polizia di frontiera gli disse in buon dialetto napoletano: “Vetrà, io il capo dei Montoneros lo consegno a te. Il responsabile della sua sicurezza ora sei tu e tu fra due giorni me lo dovrai riconsegnare, portandolo proprio qua”. (p. 127) E così per 48 ore dovette seguire quel dirigente politico rivoluzionario come un’ombra.
Nell’autunno del 1977, insieme col poeta cileno Volodia Teitelboin e col responsabile del partito comunista cileno Luis Guastavino e in collaborazione con l’Associazione Italia-Cile, partecipò attivamente all’organizzazione di alcune manifestazioni di massa per esprimere la solidarietà del popolo italiano per il Cile. Un primo evento si svolse a Firenze nei giorni 21 e 22 gennaio 1978 nella Sala dei Cinquecento di Palazzo Vecchio sul tema “Le città del mondo per il Cile”, e vi parteciparono sindaci ed amministratori comunali di importanti città francesi, inglesi ed italiane. Il secondo a Napoli, in un pomeriggio di metà marzo, presso il Palazzetto dello Sport, con la partecipazione dell’Amministrazione comunale guidata dal sindaco, senatore Maurizio Valenzi, di molte forze democratiche del territorio e di migliaia di giovani, che applaudirono lo spettacolo degli Inti Illimani.
Il successo di queste manifestazioni indusse Vetrano e i cileni Guastavino e Teitelboin a programmare un incontro internazionale di scrittori e letterati latino-americani, italiani ed europei per ricordare Pablo Neruda nel sesto anniversario della sua morte. Di quell’evento Vetrano fu attivo e dinamico organizzatore, oltre ad ottenere il patrocinio del Sindaco Valenzi e i fondi necessari per realizzare l’iniziativa. Il 29 settembre 1979 arrivarono a Capri artisti di fama internazionale e dal Cile anche Matilde Urrutia, sposa del poeta. Dopo il convegno letterario sull’opera e la poesia di Neruda nella Certosa, la giornata culminò con l’apposizione di una lapide su un muretto di via Tragara recante la bella poesia “A Matilde” del Canto d’amore”.
Certamente in tutto questo non era da sottovalutare il cosiddetto “physique du rôle”, cioè il suo aspetto fisico adatto al ruolo di cui era investito, il suo naturale comportamento disinvolto, sicuro, la sua eleganza, il suo “aplomb” perfettamente in tono con l’approccio diplomatico che veniva richiesto in quegli eventi.
Né era da sottovalutare la sua esperienza per la lunga militanza nella politica, in quanto delicata e di grande responsabilità era l’attività di solidarietà con i movimenti dell’America Latina. C’era anche la fatica di organizzare il soggiorno di migliaia di esuli politici, di aiutarli a trovare una casa, un lavoro, un centro dove potersi riunire; la fatica di aiutare, spesso clandestinamente, quelli che erano rimasti ad operare in patria, sotto dittature e regimi militari capaci delle persecuzioni più spietate. Il lavoro di solidarietà nei confronti di questi patrioti esigeva impegno incessante per procurarsi, oltre ai sostegni politici, anche mezzi finanziari. In tutto questo Vetrano fu sempre all’altezza dei suoi compiti che seppe svolgere con capacità, con molta passione e molto entusiasmo.
Nel 1981 fu eletto Presidente della Lega delle Autonomie Locali della Campania, mostrando impegno e competenza “a beneficio di tanti sindaci che non hanno esperienza e, spesso, nemmeno conoscono le leggi e le nozioni basilari dell’amministrazione e della politica”. (Pietro Lezzi, p. 33). Lo stesso Ciriaco De Mita da avversario politico ne apprezzava le qualità.
Così scrive di lui: «Anche in questa nuova funzione di dirigente della Lega delle Autonomie Locali, a livello provinciale e regionale, […] Stefano Vetrano si è concentrato sulla soluzione dei problemi delle nostre realtà locali, […] caricandosi di affrontare, innanzitutto, le questioni relative al completamento dell’opera di ricostruzione e di sviluppo dell’Irpinia e delle zone terremotate, ma anche questioni di carattere più generale riguardanti le autonomie locali. L’attività istituzionale e sindacale di ieri e l’impegno di oggi, pertanto, ne fanno un protagonista civile della vita politica provinciale».
Giorgio Napolitano, Presidente emerito della Repubblica italiana, così ha scritto di lui nella prefazione al libro-intervista “L’azione delle idee”:
«Stefano […] È sempre al suo posto, come uomo di sinistra, comunista fino allo scioglimento del Pci, che non ha avuto poi difficoltà a ritrovarsi in una nuova formazione politica di orientamento socialista democratico perché non era mai stato su posizioni schematiche e settarie. Certo, era stato partecipe dei miti e degli errori di cui una grande storia come quella del Pci è rimasta impregnata, ma di quella storia aveva impersonato le maggiori virtù: il legame con le masse popolari, il senso delle istituzioni, l’apertura al dialogo e alla intesa con altre forze democratiche.
La sua biografia parla chiaro: il saper rappresentare la sua gente, il saper restare immerso nella realtà sociale e umana della sua terra, il saper ricercare - da sindacalista e dirigente contadino, da eletto negli enti locali, da parlamentare - soluzioni concrete ai problemi concreti, attraverso le necessarie convergenze anche dall’opposizione, senza peraltro mai smarrire quella visione ideale e quella prospettiva mondiale che facevano da antidoto al rischio di cadere nella politica spicciola e nel provincialismo.»
Nella Presentazione dello stesso libro, così Antonio Bassolino ne parla:
«Come deputato e da ex segretario della Cgil della provincia di Avellino, […] ma soprattutto per il suo generoso e costante contributo alla causa del Pci e dei lavoratori, Vetrano aveva un prestigio e un ascendente da far valere nella discussione e nella battaglia politica all’interno della federazione. Quel prestigio e quell’ascendente fece valere con convinzione e autenticità d’accenti perché il partito potesse conoscere un processo di forte crescita e di rinnovamento e potesse porsi nei confronti della Dc senza complessi di inferiorità. Ciò per lui non era né scontato né facile. […] D’altronde, è nelle istituzioni - come sindaco del suo paese (Baiano), consigliere provinciale, deputato, oltre che nella direzione del sindacato e della Lega delle Autonomie dell’Irpinia e della Campania – che Stefano ha dato la prova migliore di sé, esprimendo un’energia, una capacità di lavoro e di elaborazione, in cui, con originalità, si concentrano e si moltiplicano la sua sempre vivace intelligenza, la sua passione per la causa della libertà e della giustizia sociale e il suo meridionalismo, che è innanzitutto amore per il progresso e la rinascita della nostra terra e di coloro che la abitano. […] È grazie ad una siffatta tempra che ha saputo affrontare, senza rinunziare ai suoi ideali, i tormenti, le rotture e i tramonti che banno caratterizzato quel secolo che, nonostante la sua “brevità”, ha cosi profondamente segnato l’animo e la mente di ciascuno di noi che ci siamo collocati e ci collochiamo a sinistra sul fronte della vita e della storia.»
«Stefano Vetrano è stato ininterrottamente esponente di primo piano della federazione comunista di Avellino, il più equilibrato, mai uomo di rottura, sempre di amalgama, di unità, di compostezza», scrive di lui Abdon Alinovi. «Aveva una conoscenza perfetta delle leggi e dei regolamenti amministrativi, perfino con una carica di pignoleria straordinaria: a volte sembrava un computer.»
E chiudiamo con un giudizio di Pietro Foglia, già sindaco di Baiano, consigliere Regionale e Presidente del Consiglio della Regione Campania.
«Stefano Vetrano ha scritto un pezzo di storia del Baianese. E il tempo trascorso ha dato anche conferma della sua grande lungimiranza, della sua spinta in avanti; come quando ipotizzò per i comuni del Mandamento, senza mai adottarlo per miopia degli amministratori locali, un Piano Regolatore intercomunale, immaginando quella che oggi, a distanza di trent’anni, quando ancora se ne parla, ma non si fa nulla per realizzarla, viene definita la “Città del Baianese”.
La prima volta che un paese dell’Irpinia fece un gemellaggio con una città estera fu Baiano grazie a Vetrano.
Una delle sue caratteristiche era proprio quella di riuscire a pensare alla grande per un paese come Baiano, con scelte talvolta coraggiose e innovative, anche se non sempre mature per quei tempi.
Durante il suo sindacato Baiano fu dotata di un Piano Regolatore Generale, ancora oggi vigente, e subito dopo il sisma del 1980 di un Piano di Recupero, di un Piano di Insediamenti Produttivi, tra i primi in Campania. In quel periodo fu redatto, anche se non è mai andato in porto, da un campione olimpionico, l’architetto Mauro Checcoli, un progetto per la realizzazione di un impianto di attrezzature sportive che, se realizzato, poteva costituire un vanto per il nostro paese, ma che, purtroppo, piccoli interessi hanno bloccato. La villa comunale, la piazza Santo Stefano furono opere progettate da Vetrano.»
(Tutti i testi virgolettati sono stati estratti dal libro “L’azione delle idee – Ottant’anni di lotte e di passione”, Testimonianze su Stefano Vetrano a cura di Paolo Speranza. Edizioni Mephile, Atripalda, Av, marzo 2003)