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Nuovo sul vicino colle sorge il sole
all’alba e spinge con la forza immensa
della sua luce a nobil opere il cuor.
Si pinge il ciel di roseo
cacciando lentamente il buio ostile
dal suo regno alterno, mentre si leva
alto d’un gallo il dolce suon: ormai
la notte s’inchina all’albo splendor.

Incerto s’apre un uscio
nel silenzio mattutino e una man
si tende all’aria per saggiar il tempo:
e il dì che ben promette
il primo uomo al fare spinge audace.
Il mul di sé assoma e lieto guarda
il monte che l’attende, verso il quale
sen va col capo chino e col tozzo in man.

Si leva poi dal letto il pastorello,
che nel sonno ha visto il lupo assalir
il gregge, corre lesto all’umil ovile
per abbracciar felice i dieci agnelli.
Saluta il tetto natìo
che rivedrà al tramontar del sole
e va, mentre saltella il fedele amico
intorno e gli fa mille gir di coda.

Nel buio luminoso
lascia la coltre e per le vie si spande
l’ometto industrioso
vagolando mesto di porta in porta
in cerca di lavor, ‘ché dalla tomba
il padre ormai lo ìincita a non sostar
giammai e a ben fare l’aratore o un vil
mestiere per aiutare i fratellini.

Intero il ciel s’imbianca
fin là dove il nostro sguardo sicuro
arriva, e tutto il naturale aspetto
assume pei rai del lume che in eterno
splende, nutre e scalda il suol su cui viviam.
Il colle illuminato
a noi torna, col piano, il rio e il viale,
e col tetto che in la notte si involarono.

A completare il naturale incanto
odi, ecco, le dolci note allegre
di un usignolo che spazia felice
nel cielo immenso allegrando i pii cuori
dei villani che attendono nei campi
all’opra giornaliera;
e una sonora allodoletta vedi
là saltare in su quelle bionde spighe.

Gai saltellano davanti alla scuola
sotto le ombrose querce i fanciulloni,
e rincorrendosia gara, (ricordo!)
sul piazzale allegro attendono il triste
suon che li ruba al gioco,
unica gioia di quei fiorenti
anni, mentre il volgo intero, sveglio ormai,
si agita per la strada.

Stanco poi il nobil s’alza
e sì mesto dà l’ultimo sguardo al dolce
talamo, ove sogna ancor la sua donna,
e a lungo sbadigliando apre l’uscio:
oh meraviglia! S’avvede che mezzo dì
è già volato! Incredulo pensa
allor che il sole splende anche di notte,
e attonito si riversa nel sonno!

Intanto anch’io mi sveglio
e non dal sonno almo, delle stanche membra
ristorator, ma dal mondo caro a me
del sogno, del mio canto e dell’amore,
ove solo ardentemente io mi immergo
per trovar pace e quiete – ove sol
regna ormai Beltà, Purezza e Nobiltà.
Ahi, mondo, ov’è il tuo volto bello?

(Baiano: 29 marzo 1969)