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(Baiano, 13 agosto 1970 * 4 febbraio 1998)

 

Il ricordo di Antonio Petrillo, figlio di Mario e di Maria Amodeo, è sempre vivo nei cuori dei Baianesi, perché i suoi pochi 27 anni sono bastati a lasciare un ricordo indelebile del suo passaggio che non è stato certamente una meteora. «Una vita breve, brevissima, ma intensamente vissuta, “nutrita” dalle passioni per lo sport e per il giornalismo e “alimentata” dal senso dell'amicizia e della humanitas» è stato scritto sulla locandina funebre.

Per ricordarlo degnamente, a giugno del 1999 fu organizzato il primo concorso giornalistico “La Penna d'oro” che riscosse un notevolissimo successo grazie alla partecipazione di più di ottocento studenti delle elementari, medie e superiori.  L'ennesima dimostrazione di affetto ad un giovane che ad un anno e mezzo dalla sua scomparsa era ancora nel cuore di tutti.

 Di seguito due testimonianze per ricordarlo.

Una vita tra calcio e redazione
(di Massimiliano Santosuosso)

Antonio Petrillo ci ha lasciati il 4 febbraio del 1998, all'età di 27 anni. Portatore sano... di una vera e propria “malattia” per il giornalismo (in particolare quello sportivo) ha iniziato a “scrivere” all'età di 12 anni su “La Voce della Bassa Irpinia e dell'Agro Nolano”. Dopo essersi brillantemente diplomato al liceo classico “Pietro Colletta” di Avellino entrò a far parte a tempo pieno del pool giornalistico di Telebaiano. Nel giro di pochi anni, iniziò a condurre i Tg, nonché diversi programmi settimanali di cultura e di sport da lui stesso ideati. Archiviata la proficua esperienza televisiva con Telebaiano, il “Giornale di Napoli” gli offrì l’opportunità di diventare suo corrispondente, in servizio permanente effettivo e con tanto di posto in redazione. La sua attività, obiettiva e sempre sincera, gli fece presto conseguire, su decisione del Consiglio regionale dell'Ordine dei Giornalisti della Campania, presieduta da Ermanno Corsi, l’iscrizione all’Albo dei giornalisti. Decise di seguire, con ottimi risultati, uno specifico corso di giornalismo sportivo, curato e coordinato a Roma, da Italo Cucci. Col giornalismo coniugava buone doti di organizzazione, tanto da essere nominato direttore di Radio Avella International. Attivo anche il suo impegno con “I New Bush”, espressione tra le più pacifiche e civili del tifo organizzato avellinese. Conciliava questi diversi impegni, frequentando la facoltà di Giurisprudenza. È stato altresì impegnato anche nella redazione di Videonola, dei cui notiziari era valido e stimato conduttore. La morte, lo ha colpito nel pieno della sua attività e maturità professionale. La sua dipartita ha destato enorme commozione nell'ambiente giornalistico campano. Con un “ciao Antonio” l’hanno salutato i tanti manifesti listati a lutto; Videonola ha interrotto i programmi per alcuni giorni. Molte testate, a carattere anche nazionale, hanno dato spazio alla notizia della morte di Antonio. Ai funerali persino i giocatori dell'Avellino calcio si strinsero con commozione attorno alla famiglia guidata dal papà Mario. E una maglia della “sua” squadra del cuore, ha accompagnato Antonio nel suo ultimo viaggio. 

L'amicizia e i ricordi
(di Gianpaolo Petrillo, fratello di Antonio) 

Spesso di sera, in particolare nel periodo estivo, quasi involontariamente e senza un perché, gli occhi si posano sulle tante stelle che luccicano, più o meno timidamente, nel buio che ci sovrasta e ci avvolge tutti.  Ah! Che mirabile spettacolo è quello che si presta alla nostra vista, al levarsi di quel sipario che dischiude la notte e disvela le sue meraviglie!

Sembra quasi che tanti spilli siano stati seminati nel firmamento per tener su quegli spazi tra i quali furtivamente si perde la nostra mente. È come un incanto al quale assistiamo impotenti e consapevoli dei suoi infingimenti, ben lieti, però, di esservi dolcemente immersi.
E altrettanto avviene, quando l'incerto chiarore aurorale si fa spazio tra le ombre della notte che si allontana. Un sentimento di speranza, di rinnovata gioia cattura i nostri animi e ci predispone al giorno che avanza.

Eppure, tutto ciò, non avrebbe alcun senso, alcuna ragione d’essere se a viverlo fossimo soli con noi stessi, privi di un amico, col quale condividere quelle stesse emozioni. Scriveva Cicerone: “Tutti sanno che la vita non è vita senza amicizia, se almeno, in parte, si vuole vivere da uomini liberi.” […] Allora è vero quanto ripeteva, se non erro, Architta di Taranto […] “Se un uomo salisse in cielo e contemplasse la natura dell’universo e la bellezza degli astri, la meraviglia di tale visione non gli darebbe la gioia più intensa, come dovrebbe, ma quasi un dispiacere, perché non avrebbe nessuno a cui comunicarla”. Così la natura non ama affatto l'isolamento e cerca sempre di appoggiarsi, per così dire, a un sostegno, che è tanto più dolce quanto più è caro l'amico” (De amicitia).

L’amicizia, pertanto, è un dono prezioso del quale tutti gli uomini hanno bisogno, se vogliono godere dell’armonia dell’universo, delle bellezze che lo compongono e della divina forza che lo anima.
È un sentimento spontaneo che sorge tra due o più persone, le quali abbiano gli stessi interessi, le stesse passioni e una naturale propensione all'amore. Non può essere un buon amico chi non è capace di amare, di comprendere le altrui necessità, di offrire la propria solidarietà, al di là di qualsiasi pregiudizio o interesse personale. E la vera amicizia, la φίλία  dei greci, non si esaurisce nella συμπάθεια, nella reciprocità degli affetti e nella mera condivisione dei sentimenti, che possono anche essere legati a pochi e fuggevoli momenti, ma si caratterizza per la sua durata nel tempo, per il fatto di sopravvivere alle vicissitudini e alle distanze spazio-temporali che spesso ci allontanano e ci conducono via. Anzi, il tempo e la lontananza finiscono spesso per rendere più salde e significative le amicizie, anche quelle che credevamo di aver perdute.

A tal proposito tornano in mente i Promessi Sposi di A. Manzoni. In particolare, il capitolo XXXIII, in cui Renzo ritornato nel suo paese natio, reso taciturno dalla peste, che ovunque aveva sparso miserie e lutti, incontra l’amico di un tempo. “Renzo...!” disse quello, esclamando insieme ed interrogando, “Proprio” disse Renzo; e si corsero incontro. “Sei proprio tu!” disse l'amico, quando furono vicini: “Oh che gusto ho di vederti! Chi l’avrebbe pensato?!” […] E, dopo un’assenza di forse due anni, si trovarono ad un tratto molto più amici di quello che avessero mai saputo d’essere nel tempo che si vedevano quasi ogni giorno; perché all’uno e all’altro […] erano toccate di quelle cose che fanno conoscere che balsamo sia all'animo la benevolenza; tanto quella che si sente, quanto quella che si trova negli altri”.

Ed è proprio l'assenza, il senso di una presenza impercettibile ma immanente tra noi, che rende più forte il legame di amicizia che i New Bush (N.d.A.: Nome del gruppo organizzato dei tifosi dell’Avellino calcio) continuano a nutrire nei confronti di Antonio.  La loro amicizia è come un fuoco sempre acceso che cova in sé le sue fiamme. Un fuoco che visto da lontano ci appare muto, privo di calore e della forza di riscaldarci. Ma poi basta un istante, un'occasione che ce lo avvicini, perché tutto sia diverso. Improvvisamente, ne sentiamo la presenza, avvertiamo il suo tepore e le sue fiamme ci appaiono alte e robuste come mai avremmo creduto che potessero essere. Un’amicizia sincera che il tempo ha rafforzato e arricchito di significati. E allora così come le dune di un deserto, apparentemente immobili ed inviolabili, vengono continuamente rimodellate e messe in movimento dall’improvviso impeto del vento, i ricordi, cristallizzati e fermi in se stessi, prendono ad animarsi e ad intrecciarsi tra loro, sollecitati come sono dall’affetto che quei ragazzi continuano ad esprimere per il loro amico del cuore.

Sembra così vicino il giorno dell’inaugurazione della prima edizione del Memorial Antonio Petrillo, che quasi si avverte un senso di smarrimento e di repentino turbamento per gli anni che sono trascorsi e per le persone che nel frattempo ci hanno lasciati.

Era il settembre del 1998, quando all’incerta luce del crepuscolo, tra il muto sventolio delle bandiere del gruppo e il volo di quaranta colombe bianche, per la prima volta veniva inaugurato il torneo. E sovviene alla mente il silenzio che avvolgeva la piazza durante la celebrazione della Santa Messa. Un silenzio discreto ma carico di significati, col quale ciascuno si stringeva ad Antonio e ai ricordi dei pochi momenti vissuti con lui.

Ritornano alla mente le due edizioni del concorso “La Penna d'oro”, l’incredibile successo di partecipazione che esse riscossero e gli oltre mille elaborati che la commissione giudicatrice dovette pazientemente esaminare tra quelli inviati non solo dalle località irpine più lontane geograficamente (Guardia dei Lombardi, Montella, Calitri) ma anche da buona parte del vicino hinterland partenopeo (Nola, Cimitile, Cicciano, Comiziano).

E, poi, l’inaugurazione del nuovo impianto polifunzionale “Antonio Petrillo” e le prime partecipazioni delle rappresentative delle scuole calcio, provenienti dalla Sicilia, dalla Calabria, dal Lazio e dai capoluoghi delle più vicine province campane.

Si susseguono in rapida successione tanti ricordi, tanti particolari, che quasi come un fiume in piena rompono gli argini e rivendicano uno spazio che non può essere loro negato.

Riecheggia il vocio dei bambini festanti per l’arrivo della Befana dei New Bush. Sembra di rivedere il loro disordinato accorrere verso il luogo della distribuzione delle calze. E poi quasi per incanto ricompaiono le due splendide coreografie che la Curva Sud volle dedicare ad Antonio, nel febbraio del 2001 e in quello del 2003, in occasione delle partite di calcio che vedevano impegnata l’Avellino nei delicati incontri contro il Palermo e la Fermana Calcio. Quindici stendardi, ciascuno alto tre metri, vennero collocati l’uno accanto all’altro per comporre la scritta “Antonio Petrillo” e al centro dell’anello superiore della Curva Sud venne esposto lo striscione “Il tempo non cancella il tuo ricordo”. E altrettanto emozionante, sembra di rivedere l’omaggio coreografico che la “Sud” propose contro i marchigiani. In un mare di cartoncini bianchi e verdi, disposti in modo tale da dividere a spicchi la Curva (nella quale erano già stati esposti due striscioni “Sarà capitato anche a voi di avere un amico nel cuore” e “È sempre qui con noi”) riemerge una bandiera enorme, recante un’effige stilizzata del volto di Antonio. Beh... quanto entusiasmo, quanto amore. Alla realizzazione di quelle coreografie i ragazzi dei New Bush si dedicarono per giorni, sacrificandosi senza soste, anche nelle ore notturne immediatamente precedenti le due gare di calcio. E tutto questo per Antonio, per un amico sfortunato che con loro aveva condiviso un’analoga ed incrollabile passione sportiva per l’Avellino Calcio. Un sentimento fortissimo di fratellanza e di amicizia, che si è rafforzato negli anni, attraverso le tante trasferte vissute assieme al seguito della squadra del cuore, percorrendo migliaia e migliaia di chilometri su e giù per l’Italia. Un legame quasi indissolubile che soprattutto nei momenti più difficili della vita di ogni giorno spinge molti ragazzi dei New Bush (ma non solo) ad invocare l’aiuto di Antonio. E questo solo perché Antonio è stato e continuerà ad essere l'amico di sempre, un ragazzo che tutti indifferentemente hanno imparato ad apprezzare per le sue doti di umanità e di sincerità. Ah... c’è un ricordo che bussa... prepotentemente alle porte del cuore. È la trasferta di Crotone dell’anno scorso. Improvvisamente sembra di risentire i cori con quali i New Bush e gli amici più cari invocavano il nome di Antonio. Sembrava quasi un’invocazione, un modo disperato per riportarlo in qualche modo in vita, per dargli la gioia di vivere la festa della promozione, alla quale lui avrebbe senz’altro preso parte.  Beh... sono tante e tali le testimonianze di amicizia che gonfiano il cuore e ne accelerano il battito che a volerle ricordare tutte si corre seriamente il rischio di dimenticarne qualcuna. Tuttavia... c’è un ultimo messaggio che va riportato e che Antonio avrebbe ben volentieri sottoscritto per ringraziare i suoi amici: “L'amicizia è un bene prezioso che unisce i nostri cuori. Siate orgogliosi di appartenere ai New Bush. Ovunque andrete sarò sempre con voi...” 

***

Ecco cosa scrisse Antonio quando nacquero i “New Bush” nel 1989.

«Chi siamo

I New Bush sono sorti nel 1989, dalle ceneri del vecchio Bush che si era ormai quasi sciolto. Così dai vecchi Bush per rinverdire i fasti biancoverdi siamo nati noi, imprimendo subito una impronta precisa che mirasse ad un ricambio generazionale. Per la costituzione dei "nuovi Bush" abbiamo attinto soprattutto dal folto vivaio dell’hinterland avellinese. Abbiamo così cercato di dare un’identità ultrà al gruppo, prima di tutto estraniandoci totalmente dalla politica, che rifiutiamo categoricamente, poi attraverso il calore e l’intensa partecipazione alla vita della curva che permetteva di diffondere i nostri propositi. Volevamo proporre un discorso diverso rispetto al passato, in cui permaneva una mentalità artigianale ed arcaica, improntandolo invece sul nostro modello di tifo: quello britannico. Abbiamo così cercato di emulare, senza troppe pretese, i maestri inglesi, generando un tifo più basato sull’apporto corale e sull’attaccamento ai colori, che non sulle coreografie. Ne realizziamo qualcuna sporadicamente, ma non di quelle spocchiose e fantascientifiche, sempre per una coerenza verso i nostri “vati”, che più specificatamente sono le ex Brigate del Verona e il mitico Kop di Liverpool. Su questa strada, siamo stati i primi a stampare un tipo di sciarpe inglesi in jaquard. Inoltre, abbiamo aperto un tipo di tesseramento che non fosse limitato al solo ambito nazionale, ma esteso anche al di fuori dei confini italiani, dove abbiamo fatto proseliti soprattutto tra gli emigrati del Belgio, Danimarca e Svizzera. Abbiamo sezioni al Nord (Torino) e al Sud (Bari) e siamo riusciti a diffondere la nostra mentalità “cosmopolita” proprio grazie all’ausilio dei tifosi che abbiamo disseminato. Facendo un computo potenziale, i nostri tesserati sono circa 500; un risultato notevole se raffrontato ai non lusinghieri risultati della squadra e ad una piazza piccola come Avellino. Anche nella coniazione del nome seguiamo il filone anglosassone. Il nome Bush tradotto letteralmente significa “macchia”. Più che la macchia noi siamo la “nuova macchia” e ci poniamo come punto di riferimento per coloro che si identificano nelle nostre idee e nelle nostre azioni.»

 

Il 19 febbraio 2018 i tifosi dell’Avellino calcio omaggiano il fondatore dei New Bush a 20 anni dalla scomparsa.