(Baiano, 17 ottobre 1884 - 26 maggio 1969)
(Su vari testi continuo a trovare erroneamente “1882” quale data di nascita. In realtà è nato nel 1884, come risulta dai registri dell’anagrafe del Comune di Baiano e dalla lapide del loculo al cimitero di Baiano.)
Figlio di Salvatore e Stefanina Vetrano, fu parroco del Santuario di Santo Stefano dal 1928 al 1964.
Autore di tre splendide opere:
“Il protomartire”, Editrice Piccola Opera della Redenzione, tipografia Anselmi, Marigliano (Na), dicembre 1955;
“Briciole”, tipografia Ferrara, Avella (Av), settembre 1957;
“I ricordi del curato”, Libreria editrice Treves, Napoli, agosto 1961
(pubblicato con lo pseudonimo "Mainardo").
Autore di articoli pubblicati su “Il Primo Martire!”, periodico mensile del Santuario di S. Stefano Protomartire – Baiano (Av), direttori don Andrea M. Ferrara e per alcuni anni lo stesso Mons. Stefano Boccieri.
Ha scritto “Le reliquie del Protettore conservate nel Santuario”, in “S. Stefano”, numero unico del “Santuario di Santo Stefano Protomartire – Baiano (Avellino)”, 1952, p. 2.
“Chi è Mainardo”
(di Francesco Sgambati. Testo pubblicato sul giornalino “Noi DC”, in occasione della Festa dell’Amicizia organizzata a Baiano il 6 e 7 ottobre 1979.)
Per chi non lo sapesse, Mainardo, l’autore del testo dal titolo “I ricordi del curato”, è il defunto ex parroco di Santo Stefano protomartire, Mons. Can. Don Stefano Boccieri.
La sua vita terrena albeggia nella sua diletta Baiano il 17 ottobre 1882 (N.d.A.: In realtà è nato nel 1884) e tramonta in quella stessa Baiano, che amò tanto, il 25 maggio 1969.
Fu privato dell’affetto dei suoi genitori in tenerissima età; ma l’affetto dei nonni fu incommensurabile; lo curarono amorevolmente e provvidero a dargli un’educazione adeguata alla sua persona. Pu prima frate francescano; ma per alcuni suoi acciacchi dovette abbandonare la vita monastica, incardinandosi sacerdote secolare.
Insegnò presso il glorioso Liceo-Ginnasio nel Seminario diocesano di Nola per molti anni, insieme ai Monsignori proff. Antonio Tedesco da Sperone, Pasquale Guerriero da Avella e Beniamino Masucci da Quadrelle.
Successe nella Parrocchia di Santo Stefano protomartire al parroco Mons. can. don Andrea Ferrara, che fu chiamato presso la Curia nolana, per altro e più delicato incarico.
Durante il suo lungo periodo pastorale, oltre alla cura delle anime a lui affidate della sua piuttosto vasta e movimentata parrocchia, si dedicò a scrivere libri, quali “Briciole”, un volumetto dove il lettore appassionato trova episodi di vita vissuta nel nostro paese, “I ricordi del curato”, dove questi troverà ancora “un mondo tutto nuovo diverso da quello in cui viviamo” come dice il commentatore del testo e, infine, “Il Protomartire” - vero capolavoro - che è una ricerca scientifica minuziosa, ricchissima di dati storici e agiografici del Primo Martire della Chiesa Cattolica, Santo Stefano - che è anche il tanto venerato Protettore del nostro paese - dalla nascita, al martirio, fino al ritrovamento del Suo Santo Corpo nella tomba del Suo grande maestro Gamaliele, in Cafargamala, paese della Galilea.
Quando già carico di anni e di acciacchi, volle lasciare la tanto lavorata parrocchia, il Vescovo, Mons. Binni, volendo premiare il suo lungo lavoro, la sua attività di parroco e pastore di anime, ma soprattutto la sua spiccata intelligenza, lo propose per una onorificenza presso il Vaticano.
Infatti, l’8 novembre del 1964, fu investito del titolo di Cameriere Segreto Soprannumerario di Sua Santità, presso il Vaticano, titolo che gli fu conferito dallo stesso presule nolano "Coram Populo" nella stessa chiesa parrocchiale, dove era stato il Parroco per ben 36 anni, durante i quali profuse tanto bene ed insegnò ai suoi baianesi ad amare Dio e la Patria.
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Dalla lettura delle prefazioni alle sue opere, che lo stesso don Stefano Boccieri scrisse, viene fuori la sua vera identità.
Prefazione dell’autore a “Il protomartire”.
«Ho scritto questa breve storia del Protomartire specialmente per i miei concittadini, i quali, pur amando il loro grande Protettore, non ne conoscono abbastanza la vita.
Infatti, i baianesi hanno sempre creduto che il loro santo fosse stato un adolescente. E tale lo raffigura la bella statua, che si venera nel nostro Santuario. Ma bisogna notare, in proposito, che il popolo ama unire alla santità la gioventù e la bellezza e, per questo umanissimo senso, tenta ringiovanire anche quei santi che lasciarono questo triste mondo carichi di anni, come di meriti. La storia, però, non è poesia e chi vuole scriverla deve far valere i suoi diritti, anche a costo di dare qualche dispiacere a chi legge. Ed io son sicuro di darne uno ai buoni baianesi, affermando che il grande S. Stefano fu un uomo e non un giovanetto [….] (Settembre 1955)»
Prefazione dell’autore a “Briciole”.
Scrivevo, tra l'altro, queste cosucce molti e molti anni or sono. Soltanto qualcuna di esse è relativamente recente. Ora, pubblicandole, avrei avuto qualche cosa da aggiungere ed altro da togliere o da modificare. E sono stato tentato a farlo.
Ma, ripensandoci bene, ho resistito alla tentazione ed ho abbassato la mano, armata di penna, pronta al… sacrilegio.
Ho rispettato il mio scritto, quasi fosse quello di un altro, ed ho lasciata, tale e quale, finanche qualche cognizione scientifica, allora data per certa ed oggi dichiarata inesatta.
Il lettore, dunque, è avvisato: cognizioni, date, fatti, tutto è di quel tempo sorpassato. E, sono io stesso un sorpassato, anche se sopravvivo al tempo!
Perché, poi, non voglio nascondere nulla al lettore, gli confido che, se ho del sentimento, (forse anche eccessivo), manco affatto di fantasia. Quindi, tutto quanto leggerà è stato (dovrei dire: fu) tratto dal vero, anche se, qualche volta, io l’abbia appreso da altri.
Che la copia sia, più o meno, riuscita, lo giudicherà il lettore. Se egli poi è cosi indiscreto da voler sapere, ad ogni costo, il mio giudizio, gli dirò che non sono, e non posso essere, soddisfatto della mia vecchia copia, e che ora farei altrimenti; ma non posso assicurare che farei meglio.
«Ma, allora, - mi si domanderà - perché pubblicare queste vecchie cosucce?» Lo spiegherò.
Ho una fotografia di quello che fui. Me la fece un dilettante, gentiluomo parigino, quando avevo diciotto o venti anni.
Sono in posa: ho il volto estatico e gli occhi rivolti al cielo, in cerca di ispirazione. I capelli ondulati cingono come un serto la fronte pensosa. Siedo in un'ampia poltrona ed ho innanzi uno sgabello ed un libro, sul quale poggio il gomito sinistro, mentre la mano, semichiusa, puntella dolcemente il mento…
Trovo che il figurato dimostra quasi altrettanta sciocchezza che ingenuità e che, nell'insieme, è un tantino comico ed alquanto buffo. E rido, rido di me. Tuttavia, conservo gelosamente la vecchia fotografia ed ho bisogno di rivederla. Comprendi, lettore?
E vorrei che tornasse il tempo delle speranze pazze e dei miei capelli ondulati. Ma la vita non torna indietro ed il mio giorno volge al tramonto! (30 settembre 1957)
Prefazione di Mainardo a “I ricordi del curato”
(Con lo pseudonimo “Mainardo” è lo stesso autore che scrive la prefazione al suo testo, fingendo però che la stessa sia stata scritta dall’editore per la pubblicazione postuma dell’opera.)
Egli è morto. Se fosse ancora tra i vivi, non avrebbe, certo, permesso la pubblicazione di questi ricordi.
Sono ricordi non solo della sua vita di Curato, ma della sua fanciullezza e della sua gioventù. Egli li rievocava soltanto in una ristretta cerchia di amici, ed avrebbe voluto che in quella rimanessero.
Non posso dir molto di lui; ma, per qualche ramo, egli doveva discendere dal famoso Pievano Arlotto. Egli, però, non era famoso e non aspirava a diventarlo.
Anzi, morendo, pregò i suoi perché sull’urna, destinata a conservare i suoi resti mortali, oltre il nome e cognome, si scrivesse: “Ebbe molti difetti e poche virtù come qualsiasi mortale anche se fu Curato, pregate per lui.” Non so se lo abbiano fatto. (N.d.A.: Non l’hanno fatto!)
I lettori, scorrendo questi racconti, nei quali il personaggio del Curato è sempre presente, potranno ben comprendere l’animo suo, notare la vivacità, e la libertà del suo linguaggio, che a qualcuno potrà sembrare eccessiva per un Curato. Ma egli era fatto così, ed odiava, soprattutto, l’ipocrisia.
Procuro, per quanto mi è possibile, usare nei Ricordi le sue stesse parole, cambiando, per ovvie ragioni, soltanto qualche nome. Ma il colore che lui dava alle parole, ma il gesto con il quale le accompagnava nessuno potrà riprodurlo. Sia pace all’anima sua. Mainardo (Agosto 1961)
Commento a “I ricordi del curato”
(di Domenico Sgambati)
Ho avuto il privilegio di leggere in anteprima I ricordi del curato, il cui Autore, Mainardo, ha già pubblicato racconti e biografie.
Di queste ultime notissima è Il Protomartire, ricostruzione minuziosa e fedele della vita di Santo Stefano.
Mainardo è anche l'Autore di quelle Briciole di casa nostra di tanti anni fa.
Il lettore troverà ne I ricordi del curato un mondo tutto nuovo, diverso da quello in cui viviamo, che lo entusiasmerà. I personaggi che lo popolano non sono frutto di fantasia, ma sono realmente esistiti in un passato non molto remoto.
La pungente ironia, il grottesco, le situazioni tragicomiche di cui il libro è permeato, non costituiscono però il fine ultimo dell'Autore. Mainardo non vuol far sorridere, ma pensare.
Opera pregevole, stilisticamente curata, dove il sentimento trova libero sfogo attraverso i vari racconti e riesce a trasportare il fatto, l’accaduto, in un mondo dove il vero è colorato.
La rappresentazione della realtà di allora, senza alcun commento, cosi come si proponeva l’Autore, non è stata possibile, perché Mainardo oltre a dire il vero ha anche additato una strada, è vero in modo non palese, ma dall’insieme dei ricordi, e lo poteva fare, senza alcuna presunzione, Lui che giustamente viene considerato il padre spirituale di tutta Baiano. (Agosto 1961)
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“Un giudizio di Sisto V”
(Scritto dal Can. Stefano Boccieri e pubblicato sul giornale “Il Primo Martire!”, anno XVIII, Serie II, nn. 3-4, Marzo-Aprile, 1927, p. 3)
Si narra di Sisto V un episodio, non so se vero o inventato, ma certo rispondente al carattere di quel grande Pontefice ed al concetto che egli aveva della giustizia.
Un giovane, discendente da nobilissima famiglia romana, innamorato pazzo di una fanciulla, l’attende alle porte di un Tempio e, quando la vede uscirne, le sbarra il passo, la stringe tra le braccia e la bacia freneticamente sul volto.
La famiglia della ragazza, nobile e potente al pari dell’altra in Roma, furiosa per l’onta patita, corre alle armi, cerca a morte il giovane e minaccia di eccidio i parenti e gli amici di lui, che si armano a loro volta. Però degli amici comuni vi si frammettono: tra le parti corre una parola di pace, si placano le ire e si iniziano le pratiche matrimoniali.
Lo sa Papa Sisto e, fattisi venire avanti i combattenti rappattumati, interroga brevemente prima la famiglia della sposina futura:
«E voi siete contenti che la fanciulla sposi il giovanotto?»
«Santità, si», gli si risponde.
Il Papa si volge all’altra famiglia:
«E voi pure siete contenti che il giovanotto sposi la fanciulla?»
«Sì, Santità.»
Sisto parla alla fanciulla:
«Anche tu sei contenta, non è vero?»
E questa, arrossendo fino alla punta dei capelli, accenna lievemente di sì col capo. È la volta del giovanotto.
«E tu pure?», gli dice il Papa.
«Me lo domanda, Santità?»
«Fra tanti contenti, una però non è contenta ancora: la giustizia!», sentenzia severamente l’interrogante ed ordina che il giovanotto si traduca a Castel S. Angelo e si processi di oltraggio e di scandalo; al matrimonio, se mai, si penserà poi.»
* * *
Nel 1907 fu incaricato da Mons. Agnello Renzullo, Vescovo di Nola, di tenere durante la quaresima un corso di esercizi spirituali in S. Chiara, che in quel tempo funzionava da Cattedrale di Nola. Piacquero le sue orazioni ed il Vescovo gli offrì l’incarico di predicare l’intero quaresimale l’anno successivo.
Nel mese di giugno del 1924 pubblicò sul n. 6, p. 3, de “Il Primo Martire!” un ritratto del Vescovo Mons. Agnello Renzullo dal titolo “Il nostro vecchio vescovo”, che poi ripubblicò nel 1957 in “Briciole”, a p. 111; e “La solenne consacrazione episcopale di Sua Ecc.za Mons. Egisto Melchiorri” quale Vescovo di Nola, celebrata il 15 del mese nella chiesa di Pontevico (Brescia)
Nel mese di luglio del 1924 fu nominato Direttore responsabile del giornale “Il Primo Martire!” dal parroco Andrea Maria Ferrara, come si legge nell’articolo “Ai lettori” pubblicato a p. 1 sul n. 8 dell’agosto 1924, nel quale ricorda tra l’altro il dovere di tutti i baianesi verso il loro grande protettore.
«D’altra parte che cosa facciamo noi per il nostro Santo? Riteniamo forse… sufficiente… quegli sterili fumi… ed il tumulto carnevalesco del mattino e del 25 dicembre? […] Chi, venti anni fa, attratto dalla fama dei prodigi di questo Santo, voleva vederlo, rimaneva dolorosamente sorpreso entrando nella sua Chiesa. Tanto evidente appariva la povertà e la decadenza della nostra massima Chiesa! Non si sarebbe detto che era quella la casa dove venerava Baiano il suo Protettore e ne custodiva il tesoro delle Reliquie. Tale impressione mi fu rivelata una volta apertamente da alcuni forestieri, ai quali facevo da guida, ed io ne rimasi vergognoso e confuso. Occorre allora che levasse alta la voce un giovane sacerdote, tornante dopo lunga assenza al paese dei suoi padri, perché non sentissimo il dovere ed il bisogno di dedicare una chiesa più degna a s. Stefano. Quel sacerdote, ora nostro Parroco, attese con ogni energia al raggiungimento di questo scopo. Finalmente, l’antica Chiesa, angusta e cadente, fu quasi del tutto demolita e sui vecchi ruderi si disegnarono le arcate di un Tempio veramente degno. Ma […] l’opera è a mezzo soltanto e non progredisce che a rilento. Il Parroco si prodiga eroicamente cozzando contro ogni sorta di ostacoli, dei quali il maggiore forse è la nostra cattiva volontà. […]»
Ad agosto 1924 condivise sul giornale il pensiero ufficiale della Chiesa “Contro la moda scandalosa in Chiesa”.
« Il modo di vestire di certe donne, specialmente giovani, è tale ormai da offendere ogni animo onesto, ed è uno dei più gravi segni di decadenza morale. Quello poi che oltrepassa ogni limite del conveniente e urta in maniera intollerabile il senso cristiano è il vedere che tale vestire indecente si porta perfino nella casa del Signore, la quale, mentre dovrebbe essere luogo di raccoglimento e di preghiera, è divenuta teatro di scandalo. Peggio poi se certe donne si accostano ai Santi Sacramenti.
Contro tale profanazione i Vescovi hanno levata alta la voce, mentre già il Papa ha preso severi provvedimenti per ciò che riguarda le visite in Vaticano. […] In molte chiese sono stati affissi cartelli. Si sono dati avvisi dal pulpito, dall’altare, dai giornali cattolici. Inutilmente. Bisognerà pertanto dar mano a misure radicali. Eccole. “Non solo saranno rifiutati i Santi Sacramenti, ma sarà vietato l’ingresso in Chiesa alle donne che si presentassero scollate e colle braccia non coperte, almeno fino all’avambraccio. […]»
Il 2 gennaio 1927, prima domenica del mese, dopo il vespro, il Rev. Stefano Boccieri, in qualità di Assistente Ecclesiastico, tenne la conferenza mensile sul tema: I pericoli del mondo» alle iscritte al Circolo Femminile Cattolico, come si legge nel periodico mensile del Santuario – Parrocchia di S. Stefano Protomartire – Baiano “Il Primo Martire!”, Anno XVIII, Serie II. N. 1, gennaio 1927, p. 3, nella rubrica “Azione Cattolica nella nostra Parrocchia”.